A distanza di un anno abbiamo avuto il piacere di intervistare nuovamente Asker, writer e artista eclettico, che si muove tra graffiti, il graphic design per arrivare fino al mapping.
Giada:Tu hai iniziato a fare graffiti nel 1998, impostando
il tuo stile già sulla tridimensionalità del lettering legato però a delle componenti
fitomorfiche. Vuoi raccontarci come hai iniziato a fare graffiti e come vedi la
tua evoluzione stilistica in questi quindici anni?
Asker: Diciamo che iniziai a fare bozze e
studi di lettering nel '98 ma fu nel '99 che mi sentii pronto a fare il mio primo
wildstyle su muro.
Non
intrapresi da subito la strada del lettering 3D, feci parecchi anni a studiare,
sviluppare e fare pezzi "classici" sempre rivolti piu al wildstyle
che al bombing o al throwup.
Ritengo
fondamentali gli studi sul mio lettering bidimensionale di quegli anni, è da li
che si è formata la base del mio stile e di come concepire le lettere, i loro
incastri e vari loop.
Con
il passaggio al 3D ho dovuto far fronte a un livello di complessità maggiore,
dovevo studiare come far coesistere l'armonia e gli incastri che facevo prima
anche nella terza dimensione senza che si banalizzasse in una semplice
estrusione di forme.
Dovevo
rendere tridimensionale qualcosa che nasce su due dimensioni: la lettera.
G: Qual è il tuo rapporto con la città di Milano e come
ha cambiato il tuo modo di fare graffiti lo studiare in questa città ed entrare
in relazione con gli artisti della zona?
A: Se parliamo del mondo del Writing, non
credo che Milano abbia influenzato il mio modo di fare graffiti, anzi mi sono
sempre sentito un po' una pecora nera in una Milano che ha sempre guardato più
alla concezione classica e newyorkese di graffito, a volte disprezzando la
strada piu tedesca del 3D (almeno in quegli anni).
Pur
abitando nell'hinterland milanese infatti conto più pezzi sparsi per l'italia
che in Milano.
Ha
invece influenzato molto il mio stile tutto quello che Milano mi ha dato al di
fuori dei graffiti come l'università, il lavoro, le mostre, gli eventi e le
serate meneghine.
G: Da quando hai cominciato sei entrato in diverse
crew, tra cui ricordiamo i TAF, gli ACV e Interplay. Vuoi raccontarci il
rapporto con i diversi writers e le peculiarità di queste crew?
A: Inizio parlando dell'INTERPLAY, la
mia crew milanese, in modo da smentire subito la risposta sopra... O per
confermarla con l'eccezione!
Con
Weik, Banc+, Mind2 e Senso c'è una sorta di feeling artistico, stilistico e
personale che ci porta a oscurare l'individualismo da writer per concepire
murate talmente uniformi da sembrare fatte da una persona sola.
Qualche
anno fa ricordo che circolava il termine "interplayata" a indicare
una murata con pezzi di diversi writers fortemente incastrati insieme a tal
punto da rinunciare ad alcune lettere se serviva a migliorare la composizione
finale della murata.
Ho
sempre dato alla crew un valore d'amicizia prima di tutto, ossia mi è sempre
importato avere un ottimo feeling con gli altri membri sia su muro sia alla
sera a bersi una birra tutti insieme sia nelle varie avventure alle jam.
La
TAF, che fu una diramazione della mia primissima crew: la SK, mi ha dato modo
di incontrare alcuni di quelli che sono tutt'ora i miei migliori amici.
L'ACV
è invece la mia crew "a distanza" in quanto son tutti friulani e veneti.
Nasce
dallo stesso concetto, dopo esserci conosciuti a qualche jam e dipinto insieme
io e Style1 (fondatore dell'ACV) ci siamo trovati allineati nei modi di vedere
e vivere il writing e di conseguenza ne è nata una forte amicizia tant'è che
tuttora ci sentiamo spessissimo pur abitando a quasi 400 km di distanza l'uno
dall'altro, e idem con gli altri componenti ACV: Sly, SuperB e il nuovo
arrivato Grone.
Stilisticamente
è meno omogenea che l'Interplay, il che fa si che ne escano interessanti
esperimenti e contaminazioni.
G: Recentemente hai preso parte alla mostra Neverending
History che i TDK hanno organizzato a
Milano e a Torino e sei divenuto un membro della crew. Vuoi raccontarci com’è
andata?
A: Esatto, e qui per la seconda volta
contraddico (in parte) la risposta sopra.
La
mia entrata in TDK esce un po' dalla mia concezione di crew fondata sulla forte
amicizia e conoscenza dei componenti… o meglio di tutti i componenti.
Della
TDK posso dire di conoscere molto bene alcuni membri (due fanno anche parte
delle altre mie crew: Style1 e Senso), abbastanza bene altri e poco o nulla
altri ancora.
Purtroppo
ho dovuto prendere atto che col tempo, a causa del lavoro, impegni e vicissitudini
personali è inevitabile che si prendano strade diverse e si tenda a perdere un
po' i rapporti con i soci di crew, alcuni smettono di dipingere e altri si
trasferiscono all'estero; quindi, per quanto la mia vecchia convinzione mi ha
regalato splendidi momenti ora diventano sempre più rari e quindi ho dovuto
rivalutare un po le mie posizioni.
La
TDK è una crew storica e importante, mi ricordo quando guardavo le foto su
Aelle da ragazzino, quindi per me è un onore farne parte e, non ultimo, ho un
ottimo rapporto con Raptuz (che conosco ormai dal 2007 quando ci fu la prima
"spedizione" a Los Angeles), così quando me lo chiese accettai.
G: Nella tua pratica ti muovi tra graffiti, grafica e
mapping. Vorrei che parlassimo in maniera più approfondita del Mapping 3D, dato
che uno degli ultimi tuoi lavori infatti è stato il progetto di Video Mapping a
Venezia per il Gruppo Green Power.
Mi interesserebbe sapere se vedi una relazione tra
il Writing e il mapping soprattutto per quanto riguarda la relazione e lo sviluppo
che entrambi hanno con le architetture. Mi riferisco principalmente a dei casi dove molte volte writers
che si occupano di Graffiti si occupano anche di New Media (in Italia oltre a
te un altro esempio è Verbo), e a livello internazionale a quelli che sono gli studi di Evan
Roth (con il suo bellissimo testo Geek Graffiti) e a tutto il lavoro di
ricerca che esiste dietro a Graffiti Research Lab. Cosa ne pensi?
A: Io credo che i graffiti siano una
cultura, un movimento con delle basi e il video mapping sia un mezzo
d'espressione.
I
graffiti potranno sfruttare il mapping come nuovo mezzo d'espressione, come sta
già avvenendo (in una forma non ancora matura a mio avviso).
Il
fatto che il mapping agisca ANCHE sulle architetture e in grandi dimensioni è
sicuramente il fattore che più di altri ha attirato molti writers, ma si tratta
pur sempre di un mezzo, non ne parlerei mettendoli sullo stesso piano, ci tengo
a precisarlo.
Sarebbe
come paragonare i graffiti alle bombolette spray.
Trovo
un parallelismo più azzeccato tra writing e pubblicità per invadenza, tecniche
e luoghi d'azione… e infatti la pubblicità ci è arrivata prima a utilizzare
come strumento il video mapping per i suoi scopi.
Detto
ciò, trovo molto intrigante l'incontro graffiti-mapping, i writers si trovano
ora a "giocare" con la dimensione tempo-animazione che può far
"vivere" le loro lettere stando comunque nel loro ambiente urbano.
Ci
sarà inoltre una sorta di ribaltamento temporale: prima si agiva di notte per
essere visibili di giorno ora si lavorerà per essere visibili di notte (o al
buio).
Personalmente,
proprio in questo periodo, sto sviluppando un progetto personale che vede
l'interazione tra i miei pezzi e il mapping; per me è anche un naturale punto
d'incontro tra le mie varie passioni/lavori.
Non
entrerò in dettagli per scaramanzia, dico solo che sto cercando quale sia il
giusto senso da dare all'integrazione del mapping nei graffiti, nelle
sperimentazioni che ho visto finora fatte da altri writers, per quanto siano
di qualità, ho sempre trovato che mancasse qualcosa, il giusto equilibrio
forse.
Finora
non sono ancora soddisfatto dei miei risultati, vedo delle potenzialità che
ancora non sono state scoperte… e non è detto che le scopra io, ma so che ci
sono, che c'è un punto di evoluzione non ancora toccato.