venerdì 30 gennaio 2015

#unannocolsorriso - il ritorno @ Art Open Space Gorizia

https://www.facebook.com/events/883523788336451

Secondo appuntamento con il progetto #UNANNOCOLSORRISO, questa volta ospitato dalla galleria Art Open Space di Gorizia: vi aspettiamo sabato 31 gennaio alle ore 18.00 per l'inaugurazione e il doverosissimo rinfresco.


In mostra 12 tele e le foto dei 12 graffiti dipinti da Andrea Style1 Antoni, ispirati al calendario BeHappy 2014. Le foto, due per graffito, sono state realizzate da 12 instagramer differenti (e stampate su splendidi Tonki), ecco perché è sia una personale che una collettiva


Noi di Street Art Attack siamo prontissimi e abbiamo già organizzato un car pooling per andare a salutare il nostro amico Andrea e fargli le nostre più vive congratulazioni per il successo del progetto #UNANNOCOLSORRISO e per gli immani sforzi che ha sostenuto l'artista per portarlo a termine! E poi uno degli instagramers esposti SONO IO!

giovedì 29 gennaio 2015

FREQUENCY SPECTRUM @ Square23 Torino


In "Frequency Spectrum" NEVERCREW continua, tramite l’uso di sezioni e di “sistemi" ideali, ad approfondire l’analisi degli ultimi anni, sviluppando ulteriormente il rapporto tra il suo linguaggio e gli elementi che lo caratterizzano.
L’attenzione è concentrata su percezione e comunicazione, sulle differenze e sulla loro interazione costante. Traslando l’idea di conversione dello spazio pubblico, NEVERCREW ragiona sui punti di vista e sulle linee che li collegano tra loro all’interno di un’unica struttura equilibrata.

INFO
Square 23, via San Massimo 45, Torino
Nevercrew - “Frequency Spectrum”
5 febbraio – 14 marzo 2015
Orari: lunedì – sabato 11-20, o su appuntamento
Opening: giovedì 5 febbraio, dalle ore 18.30
T: 334.9980390 - E: info@square23.net

martedì 27 gennaio 2015

NEWS DA EL RUGHI

L'abbiamo conosciuto ed apprezzato in occasione della quarta edizione dell'Energy Fest a Maserada sul Piave (TV) e abbiamo intrecciato un interessante rapporto di cooperazione con questo straordinario artista: stiamo ovviamente parlando di El Rughi, il quale oggi ci invia le ultimissime pareti che ha realizzato in quest'ultimo periodo.





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lunedì 26 gennaio 2015

L’uscita di articoli di (dis)informazione e opere che, invece, ne fanno un po’ di più – di Giada Pellicari



Questo articolo è stato scritto di getto, più o meno nella stessa situazione in cui mi sono ritrovata quando ho visto quelli che ho chiamato “i muri dipinti di bianco di 5Pointz”, ovvero arrabbiata, delusa, amareggiata e stanca. Come in quel caso sarò un po’ meno “accademica” del solito, sperando che in questo modo anche la lettura ne risulti più agevole.
Sempre più spesso escono testi su siti d’arte, riviste, o quotidiani, che vogliono trattare le discipline afferenti al mondo dell’arte urbana, un nome che utilizziamo per indicare in comodità il grande insieme contenente il Writing, la Street Art, il muralismo, il wall painting. E’ importante sottolineare, però, che tra tutti questi termini c’è una bella differenza, denotata da ambiti storici, geografici, tecnici e linguistici.
Giovedì scorso stavo tornando da Bologna, dove sono stata all’opening della SetUp ArtFair, e in treno ho letto un articolo uscito su una nota rivista d’arte contemporanea, che esiste sia a livello online che cartaceo, dove venivano trattati questi argomenti in maniera poco approfondita, demagogica e con la capacità di creare una grande confusione (se già non ce ne fosse abbastanza).
Non è in particolare contro l’autore, o la rivista stessa, che sto scrivendo questo testo, anzi, è pure una testata che seguo normalmente con interesse. Vorrei utilizzarlo, però, come campione di tutto un fenomeno di scrittura attualmente esistente inerente a questi temi, che viene prodotta in maniera semplicistica, probabilmente senza uno studio approfondito precedente e, magari, un po’ di curiosità, che non guasterebbe.

Tra le frasi che più mi hanno stupita riporto le seguenti, a cui risponderò brevemente di seguito:
1) “Dimenticatevi bandane, pantaloni da rapper e canottiere. Questi nuovi artisti non hanno nulla della spavalderia che contraddistingueva i graffitari degli anni ’90 che, armati di bombolette e passamontagna, dipingevano in fretta e furia prima di scappare al suono delle sirene della polizia”.
2) “Ma chi ne ha guadagnato di più nel passaggio dai graffiti ai quadri in cornice è stato Banksy, in termini di fama e soldi”.
3)   Il passo successivo di questa trasformazione è rappresentato da quei graffitari che sulla strada non ci sono mai stati […] Si tratta di una nuova categoria che ha cominciato a prendere piede negli ultimi anni, quella che si può definire dei “graffitari gentili”.
4) I graffiti dello spirito originale rimangono ancora vivi con artisti come l’italiano Blu, i brasiliani OsGemeos e anche per Banksy, che non a caso preferisce restare anonimo e rifiuta interviste, mantenendo quell’aurea di illegalità che all’inizio contraddistingueva i murales”.
5)  Il titolo reca la dicitura “Street Art”.

Chi un po’ mastica l’argomento può riuscire da solo a comprendere le diverse paradossalità esistenti in questi pochi periodi. Non vorrei mettermi a rispiegare la differenza dei termini e le diverse esperienze storiche, tecniche e geografiche che li contraddistinguono, anche perché basterebbe leggere un po’ di pagine di Wikipedia per poter un attimo orientarsi autonomamente. Mi limito alle seguenti:
1) Di che film si tratta? Graffitari, inoltre, è un termine che di per sé reca un’impronta negativa, quello più corretto è “writers”. Il Writing, comunque, è nato alla fine degli anni Sessanta.
2) E’ vero che Banksy ha avuto un passato da writer. Però risulta più noto per i suoi trascorsi da street artist, nei quali ha utilizzato molto la tecnica dello stencil.
3) “I graffitari gentili” non esistono. Il Writing nasce in strada in maniera libera, spontanea e illegale, partendo dal concetto di tag. Coloro che utilizzano lo spray ma non hanno questo trascorso sono semplicemente artisti che usano tale mezzo per creare delle raffigurazioni su muro.
4) Per quanto gli artisti citati siano ottimi e stimati anche dalla sottoscritta, non producono graffiti.  I murales, poi, non sono graffiti. (Dovrei aprire qui un altro ulteriore dibattito sul termine Writing e Graffiti)
5) Le foto sono in contraddizione con il titolo perché riguardano il Writing.

Ritengo che sia ora di trattare in maniera più approfondita tutti questi argomenti, di sviluppare un dibattito critico che, però, si ponga su basi solide e non su stereotipi che non fanno altro che creare disinformazione e mantengono il discorso a livelli basilari. Come ho preso ad esempio questo, potrei prendere quasi qualsiasi articolo uscito su una testata giornalistica. Il punto è: vogliamo andare avanti? Vogliamo rispondere a queste contraddizioni su carta?

Fra.Biancoshock, dalla serie Graffiti is a Religion

Esistono delle opere che, a mio avviso, possono aiutare a sviluppare il dibattito, si pongono in maniera critica verso questi stereotipi e, in poche parole, hanno la capacità di provocare il pensiero delle persone. Cosa, attualmente, molto buona.
In alcuni dei miei testi cartacei pubblicati mi sono spesso riferita a Lee Quinones per la sua capacità di utilizzare dei periodi di contorno che esplicitassero un pensiero, semplice e diretto. Sono frasi descrittive, lineari, che in poche righe hanno parlato del rapporto arte e illegalità, di treni, di linea, di ragazzini che iniziano a dipingere.
Attualmente ci sono diversi artisti che sono nati da un ambito afferente al Writing, ma che come produzione artistica hanno sviluppato un discorso altro, per certi versi tangente e autonomo. A questo proposito ci terrei a nominare Fra.Biancoshock e due suoi progetti come Vieni a vedere la mia collezione di Graffiti e il recentissimo Pulpits.

Fra.Biancoshock, Vieni a vedere la mia collezione di graffiti, 2014

Il primo è del 2014, tratta il tema del Writing in maniera pulita, poetica e, direi, anche molto rispettosa. Lavora sul concetto di studio della materia, di campionamento, di raccolta di reperti, di riappropriazione, di risemantizzazione di un concetto e di una sua successiva esposizione, denotando la configurazione del pezzo del graffito come feticcio e oggetto di culto. Credo che Vieni a vedere la mia collezione di Graffiti, anche come persona che si occupa dell’argomento, sia un ottimo esempio di studio e documentazione, oltre che tratta il Writing in maniera materica, e non solo pittorica, perché riporta il rapporto con il muro stesso e la sua superficie di esistenza, da cui l’artista se ne è riappropriato. Molte volte ho parlato del mio pensiero inerente ad una snaturalizzazione del Writing nel momento in cui accede ambiti indoor, soprattutto quando si tratta di pittura del pezzo su tela. Nel caso di Fra.Bianchoshock non è così, perché da parte sua non esiste una traslazione del piece, semmai il realizzare dei lavori, come questo, che parlano dell’argomento e ne evidenziano le profondità esistenti, le peculiarità e anche la stessa storicizzazione, dato che in quest’opera i frammenti presi provengono da lavori di writer molto noti e da tantissimi di quelli che hanno preso parte alla storia del Writing milanese.

Fra.Biancoshock, Vieni a vedere la mia collezione di graffiti, 2014

L’ultima opera, Pulpits, deriva da una performance che Fra.Biancoshock ha realizzato in solitaria all'interno di un luogo dismesso, dove, grazie all'utilizzo di uno stencil, ha crossato un pezzo di un writer scrivendoci sopra "toy". E' un'operazione che a primo avviso può sembrare molto irrispettosa verso il Writing, ma, in realtà, si pone come un ottimo esempio che mette in luce i meccanismi interni al mondo del Writing, nonché le confusioni con quello della Street Art, per come è recepito e trattato anche (e soprattutto) dai media di informazione.

Fra.Biancoshock, Pulpits, 2015

Con un atto di questo tipo, infatti, ci fa capire il meccanismo del crossing over, rende tangibile anche la questione del toy, dà, in un qualche modo, delle chiavi di lettura. Ci fa anche comprendere che molti dei media, nonché la maggior parte delle persone, non capiscono la differenza tra Writing e Street Art, aspetto invece evidenziato dall’utilizzo dello stencil per scrivere toy sopra a un pezzo realizzato a mano libera costituito dal lettering del nome del writer, in questo caso un throw up. Lo stencil, infatti, è propriamente una tecnica della Street Art, mentre il termine “toy” è una forma linguistica appartenente al mondo del Writing.
In alcune dichiarazioni che Fra.Biancoshock ha rilasciato al sito Brooklyn Street Art, ha ribadito che non voleva offendere nessuno, non voleva dare del toy al writer che aveva dipinto il pezzo, voleva semplicemente fare il suo lavoro. In maniera egocentrica, ovvio. Ma quale writer non lo è? 
Si può pensare, a prima vista, che non abbia rispettato il pezzo esistente e che stesse cercando semplicemente un altro po’ di fama nel mondo street e l’attenzione dei media. Non è così.

Fra.Biancoshock, Pulpits, 2015

Fra.Biancoshock è fondamentalmente un macchinista che muove le luci e le dinamiche di questo mondo in maniera intelligente in modo che se ne parli, un giocatore che prende in giro tutti i meccanismi di comunicazione, veloci, e anche gli articoli confusionari come quello di cui ho parlato all’inizio.
Lui lavora con la comunicazione in modo che la gente discuta dell’argomento, magari nasca un dibattito intelligente e si inizi a fare un po’ di chiarezza.
Credo che continuare a stimolare riflessioni e confronti sia fondamentale, se poi questi ultimi prendono forma da progetti artistici, ancora meglio.


Giada Pellicari


Tutte le immagini di Fra.Biancoshock sono (c) Fra.Biancoshock


venerdì 23 gennaio 2015

SNAP THE SIGN | Personale di Gloria Viggiani @ Coffee Bean Roma

Inaugurerà Venerdì 30 gennaio alle ore 18.00, nella sala espositiva di Coffee Bean, Snap The Sign, mostra personale di Gloria Viggiani, fotografa romana, introdotta da un testo critico della curatrice d’arte contemporanea Giada Pellicari.
Snap The Sign intende porsi come un momento di riflessione sulla produzione visiva della Viggiani, che è riconosciuta dal mondo del Writing e della Street Art come una delle giovani fotografe più attive e focalizzate sull’argomento, grazie ai suoi numerosi reportage pubblicati su riviste, cataloghi e libri.
Il titolo della mostra, che significa “cogli il segno”, nasce con l’idea di dare rilevo all’aspetto esperienziale esistente nella ripresa fotografica, vista come una configurazione visiva di un’analisi specifica inerente alle dinamiche riscontrabili nel mondo dell’arte urbana, che la fotografa conosce molto bene.
L’allestimento propone dodici foto di medio formato che vanno ritenute come un piccolo campione selezionato all’interno di un percorso molto più ampio e di una ricerca visiva di cinque anni, tra le quali spiccano quelle fatte a lavori di Alicé, Sten & Lex, JBRock, Ariz, 1UP e Reso.
Due, infatti, sono le correnti sviluppate lungo la sala espositiva del Coffee Bean, ovvero una relativa alla ripresa singola dei muri contestualizzati all’interno di uno spazio urbano; l’altra come cattura del gesto del writer e dello street artist nel momento della configurazione del pezzo su muro.
La fotografa lavora come un’antropologa dello sguardo, poiché l’immagine ultima va guardata come la ripresa finale di un momento sociale sentito e percepito sul luogo, per diverse ore o giorni. Solitamente da parte di Gloria Viggiani vi è la volontà di conoscere i protagonisti della scena, parlare con loro, stabilire un contatto e, successivamente, procedere alla cattura del momento dell’esperienza. E’ così che dietro ad ogni scatto esiste, in realtà, un vissuto e una ricerca approfondita sul campo.
Poiché sia il Writing che la Street Art sono produzioni culturali denotate da un carattere effimero, il lavoro della Viggiani va inteso come una documentazione continua di questi fenomeni, un archivio in progress che va visto come un corpus unico di lavori.
La mostra è visitabile dal 30 gennaio al 13 febbraio negli orari di apertura di Coffe Bean.

Venerdì 30 gennaio verrà presentato anche il libro Scrivere di Writing | Note sul mondo dei Graffiti scritto da Giada Pellicari, curatrice d’arte contemporanea che ha indirizzato la sua pratica curatoriale e critica verso gli ambiti del Writing e della Street Art.
Pubblicato dalla casa editrice CLEUP, all’interno della collana Storia dell’arte-Museologia, è in distribuzione dal 17 dicembre 2014 nelle principali librerie del Triveneto e in altri punti di riferimento specializzati del settore.
Scrivere di Writing è un testo che va visto come una raccolta delle ricerche compiute sul mondo del Writing da parte dell’autrice negli ultimi cinque anni, un percorso realizzato attraverso studi sul campo, ricerca bibliografica, interviste ai protagonisti della scena e progetti curatoriali.
Il titolo Scrivere di Writing è chiaramente un gioco di parole, ma rappresenta anche in maniera totale quello che è stato il ruolo dell’autrice in questi anni, ovvero scrivere di questo mondo.
“Cos’è il Writing? Come si rapporta il writer con lo spazio urbano e l’architettura? Perché i graffiti si possono definire come segni calligrafici dotati di una natura gestuale? Per quale motivo parlare di arte pubblica è improprio? Quali sono gli errori delle istituzioni? Che cambiamento hanno apportato la fotografia, il video, YouTube e i nuovi media nel fare i graffiti?”: queste sono alcune delle domande che si è posta l’autrice nel corso del libro e che ha trattato lungo le 180 pagine che lo costituiscono.
Scrivere di Writing | Note sul mondo dei Graffiti è distribuito nelle principali librerie del Triveneto, acquistabile online nel sito della casa editrice e, inoltre, in altri punti di riferimento selezionati: Wag Shop a Milano, Bad Cap a Torino, Graff Dream a Roma.

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Gloria Viggiani
Gloria Viggiani nasce a Roma nel 1981. Ha compiuto la sua formazione prima presso il Dams a Roma e successivamente si è specializzata in fotografia allo IED.
E’ una fotografa che ha indirizzato la sua pratica artistica verso gli ambiti relativi al mondo dell’arte urbana, sviluppando uno studio delle correlazioni tra quest’ultima e l’architettura oltre che una ricerca sui protagonisti dell’ambiente.
Lavora a report fotografici, collabora con studi professionali e con pubblicazioni del settore dal 2010.
Tra le collaborazioni si segnalano quelle con NuFactory, Outdoor, Grab Magazine, Street Art Attack.
Tra i report si ricordano: Amazing Day (2014), Rull Parking (2013), Urban contest (2010), Outdoor Urban festival, Alicè, Tri, Mission Art Gallery in the US Embassy of Rome.
E’ apparsa su libri, riviste e cataloghi di mostre, come: Repubblica, Panorama, L'Espresso, We Got Flava, Grab Magazine, Ostile Magazine, Strumenti Musicali, Not News Magazine, Molotow, Ironlack, Roma wasn't built in a day (edizioni Drago), Catalogo di Alice Pasquini Take me Anywhere (edizioni Venexia), Catalogo di Solo - Heroes in Crisis (edizioni Venexia), We Believe in Angles and Straight Lines – The Art of No Curves.
Giada Pellicari
Giada Pellicari nasce a Padova nel 1987. E’ una curatrice d’arte contemporanea che ha indirizzato la sua pratica curatoriale e critica verso gli ambiti del Writing e della Street Art, dell’arte pubblica e dei New Media, attraverso mostre, conferenze e pubblicazioni. Si è laureata prima all’Università di Padova in DAMS Arte (110 e lode) e successivamente ha conseguito la laurea magistrale in Arti Visive all’Università IUAV di Venezia (110 e lode). E’ stata: curatrice in residenza per un anno presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia (2013-2014), teaching assistant di un corso della School of the Museum of Fine Arts di Boston in partnership con l’Università IUAV di Venezia (2013); relatrice al convegno internazionale Lisbon Street Art and Urban Creativity International Conference organizzato dall’Università di Lisbona (2014), parte della giuria del Premio Cosua, concorso internazionale di videoarte (2014).
Ha scritto il saggio di introduzione alla mostra di post-graffitismo Deconstructions – personale di Raptuz e Poesia, che si è tenuta a Miami a luglio 2014, organizzata da Nina Torres Fine Art Gallery e Hausammann Gallery. Dall’ agosto 2012 è Editor in Chief del noto sito di Writing e Street Art: www.streetartattack.com.
E’ autrice del libro Scrivere di Writing | Note sul mondo dei Graffiti (Cleup 2014).

martedì 20 gennaio 2015

ARIS: LA MACCHIA UMANA per Parentesi Aperte @ Studio D'Ars Milano

Parentesi Aperte: Aris La macchia umana
Personale a cura di Alessandra Ioalé

Studio D’Ars
Via Sant’Agnese 12/8 Milano

Dal 20 Gennaio al 20 Febbraio 2015
Inaugurazione Martedì 20 Gennaio ore 18

Studio D’Ars Milano è lieta di presentare La macchia umana, la prima personale milanese dell’artista italiano Aris, nonché la terza personale del ciclo Parentesi Aperte a cura di Alessandra Ioalé.

Dallo studio delle lettere alla loro astrazione per poi arrivare alla creazione di “puppets” è il percorso seguito da Aris per la costruzione del proprio linguaggio espressivo che lo contraddistingue ormai da vent’anni nel panorama europeo dell’arte urbana e contemporanea. Una trasformazione fluida delle lettere in delicate silhouette dal profilo essenziale, pulito, senza alcuna volontà di sfondare le superfici su cui giacciono. Una continua ricomposizione di corpi fluidi, che si propagano, avanzano, spaziano come una grande macchia lasciando una traccia sul suolo del mondo.

Macchie umane che man mano rifuggono dalla immediata riconoscibilità e comprensione avviandosi verso una sintesi formale assoluta in cui vi si può riscoprire un principio naturale altrettanto assoluto. L’intrinseca complementarietà della natura umana. E che nella nuova serie di opere realizzate per La macchia umana raggiungono un successivo e potente grado di espressività. Accanto infatti a una serie di disegni in cui è ancora presente e forte la bidimensionalità della composizione, accentuata dall’uso di texture e colori per la delimitazione delle forme, Aris presenta dei pezzi dove le forme di corpi fluidi emergono con una nuova consistenza e profondità proprio dall’intaglio di diversi e sovrapposti strati di carta dalla gamma cromatica di contrasto, segnando un’evoluzione nel percorso di ricerca dell’artista, che vediamo qui dispiegarsi in tutta la sua complessa bellezza.

Aris
Aris inizia la sua attività nel '93 dipingendo su treni e muri.
Sviluppa uno stile personale di lettering da cui si allontana progressivamente cercando la sua figura che in seguito si trasforma in un cumulo di sagome e forme. Nei suoi esperimenti e ricerca di stile, il supporto (treno, muro, lamiera, ecc.) e lo spazio in cui il supporto vive assumono grande rilevanza, per cui il viaggio, la necessità di esplorare, diventano una parte del lavoro e lo portano a dipingere in varie nazioni, tra cui: Spagna, Germania, Polonia, Russia, ecc. Ha realizzato diversi interventi sui muri di spazi non tradizionalmente votati all'arte e comunque spazi pubblici. Si dedica alla rivitalizzazione e rigenerazione del landscape urbano e peri-urbano e lo fa con l'uso della tempera muraria, che ha una forte valenza simbolica, le immagini che abitano queste nuove superfici sono create con la stessa sostanza che di solito si usa per ricoprirle.Ambientazioni lunari e mondi dimenticati sono i temi preferiti delle sue opere.

lunedì 19 gennaio 2015

STANZE (reinventing renaissance rooms) @ TEMPLE UNIVERSITY ROME


Stanze, Reinventing Renaissance Rooms
Alice Pasquini, Gio Pistone, Pax Paloscia
a cura di Jessica Stewart

Vernissage: Martedì 17 febbraio 2015 alle ore 19
17 febbraio 2015 - 5 mar 2015

Galleria d'Arte
Temple University Rome
Lungotevere Arnaldo da Brescia 15
Lunedi a Venerdì 10:00-7:00; sabato e domenica su appuntamento


Tre stanze e tre artiste per unire il passato con il presente; Stanze, Reinventing Renaissance Rooms è una sfida per tre artiste urbane contemporanee, che affiancano tradizione storica con concetti contemporanei. La Temple University Gallery di Roma, situata nel contesto Villa Caproni, è lo spazio ideale per Alice Pasquini, Gio Pistone e Pax Paloscia, tre artiste di spicco con radici profonde nella scena della street art italiana, per reinventare spazi interni storicamente associati ai palazzi rinascimentali. La mostra è un'occasione unica per mostrare le capacità delle artiste di lavorare sia in un contesto pubblico che in un ambiente interno intimo, traendo ispirazione dalla ricca storia delle dimore rinascimentali in Italia.

Lo studiolo, la Sala delle Nozze e la Sala dell’Astrologia rappresentano ognuna diverse forme e funzioni dei palazzi rinascimentali. Durante il periodo del Rinascimento si assiste all'evoluzione del palazzo da spazio privato a uno spazio usato dalla nobiltà per per ostentare il sapere umanistico attraverso le collezioni sontuose di dipinti, arazzi, sculture e curiosità La mostra, curata dalla storica dell'arte Jessica Stewart di RomePhotoBlog affida i concetti fondamentali di questi spazi nelle mani delle tre abili artiste. L’idea è quella di creare una fusione tra il simbolismo, lo spirito del passato e una visione dell’arte più contemporanea.

Lo studiolo, stanza affidata ad Alice Pasquini, affronta le origini del collezionismo moderno. Alice offre la sua personale visione del wunderkammer utilizzando gli oggetti raccolti durante i suoi viaggi da Capo Verde al Vietnam, da New York a Melbourne. Lo studiolo, nato come il cuore intellettuale del palazzo, è uno spazio in cui l'arte e gli oggetti simboleggiano il sapere umanistico del suo proprietario.

Nella Sala dell’Astrologia, centro sociale del palazzo, Gio Pistone gioca con i concetti di potere e autorità. Qui, lo stile illustrativo, tratto distintivo di questa artista che le è valso un riconoscimento diffuso in Italia e all'estero, si combina con il simbolismo rinascimentale. Lo spettatore viene inserito in un gioco interattivo sulla nascita del potere dove c'è una guerra ed un il vincitore che prende dominio e cerca di proclamare pubblicamente le proprie origini divine per essere legittimato ad imporsi sugli altri e comandare.

Nell’affrontare la Sala delle Nozze, una stanza che rappresenta l’intimità dalla nascita alla morte, Pax Paloscia usa lo stile sviluppato nel corso della sua carriera che ora, dopo quasi dieci anni a New York City, l'ha riportata alle sue radici romane. Accostando concetti trovati nei ritratti rinascimentali ad opere che evocano la memoria, l’artista incorpora l’intimità di questa sala.

Non la tipica mostra di street art, Stanze, Reinventing Renaissance Rooms, è un l'opportunità per queste artiste di dimostrare che le competenze utilizzate nella creazione di pezzi contestuali in un ambiente esterno possono essere tradotti in modo fluido per creare lavori interni giocando sul grande patrimonio artistico del Rinascimento italiano.

venerdì 16 gennaio 2015

#amazing JORIT

Jorit è nato a Napoli il 24 novembre 1990 da padre Italiano e madre Olandese. Inizia da giovanissimo a scrivere sui muri della sua città realizzando graffiti con lo pseudonomo -AGOCH-, è membro della storica graffiti crew napoletana KTM una tra le prime nate in Italia. Si è laureato in pittura all'Accademia di belle arti di Napoli con 110 e lode. Nel corso degli anni ha sperimentato le tecniche più varie adoperando aerografo,vernici,tempere e molto altro. Ha realizzato moltissime esposizioni in Italia ed all’estero (Londra, Berlino, Sidney, Tilburg, Dar es Salam), in alcune di esse ha raccolto fondi destinati a progetti benefici in Africa, continente che ha visitato in numerosi viaggi. In Tanzania ha studiato e poi collaborato con la scuola internazionale d’arte Tinga Tinga di Dar es Salaam. Ha dipinto in giro per il mondo Londra, Berlino, Stoccolma, Roma, Parigi, Sidney, Trinidad e Avana Cuba, Barcellona, Milano. Jorit ha partecipato e vinto numerose competizioni d’arte, ha organizzato e partecipato a progetti di riqualificazione urbana collaborato con istituzioni pubbliche e private. Nell’ottobre 2012 ha esposto al MUSEO MANN di Napoli . Nell'agosto 2013 ha esposto al MUSEO MAGMA di Roccamonfina. Ha dipinto con Cyop&Kaf, Zeus 40(WB), MR.Wany, Koso, Brest Ha collaborato con marchi internazionali come Converse e Poltrone Frau.Hanno scritto e parlato di lui Il Mattino, RAI, Quarto canale, Quarto Magazine, Pozzuoli Magazine, La Repubblica di Napoli.

giovedì 15 gennaio 2015

DELLA MIA CARNE by Nicola Alessandrini @ Bologna


La filiera alimentare — pressoché sconosciuta al grande pubblico — che porta una bestia viva a diventare una serie di parti già lavate e confezionate e pronte da esporre nel banco carni del supermercato è qualcosa di fantascientifico. Esistono macchine capaci di “processare” un pollo in soli 10 minuti: entra il pollo intero ed esce la confezione finale, quella che di lì a poco verrà a sua volta impacchettata in grossi bancali e poi trasportata verso la grande distribuzione. E il consumatore — quello che vaga tra le corsie col volantino delle offerte in mano — legge pollo, legge suino, bovino, legge i nomi dei tagli, i consigli di cottura sulle etichette, legge soprattutto il prezzo, vede confezioni con sei fusi di pollo in offerta a 3,20 euro, pacchi formato-famiglia di arista, cotolette, bistecche… Non c’è sangue, non c’è vita. Quelli che io, te e la vecchia col suo “trolley per la spesa” d’ordinanza buttiamo nel carrello sono concetti astratti, completamente scollegati dall’animale da cui i pezzi di carne provengono. La nostra società ha perso ogni contatto della carne come “involucro” di vita. Quasi come se i sei fusi di pollo fossero stati fabbricati e non provenissero da tre pennuti strillanti che probabilmente hanno passato la loro breve esistenza in un capannone per l’allevamento intensivo a ingozzarsi di mangime. Non sentiamo più le loro voci. Le strilla del maiale quando qualcuno gli taglia la carotide mentre in sei o sette lo tengono e guardano il suo sangue che piscia giù nel secchio. Il pianto struggente dell’agnello. Il suono che fa il midollo spinale del coniglio mentre si spezza. Ma Nicola Alessandrini le voci degli animali che andavano a morire le sentiva. Maceratese, classe 1977, Alessandrini alle elementari aveva la scuola proprio accanto al mattatoio. E a ricreazione sentiva gli animali piangere. Mentre — come racconta la sua allucinante biografia — «il gruppo dei maschi non lo voleva perché non giocava a calcio e quello delle femmine perché era maschio». La vita è fatta di carne. Noi siamo fatti di carne. Essere carne è quel che rende tanto meraviglioso e doloroso e spaventoso e puzzolente e eccitante vivere. Ma forse anche noi siamo frammenti? Fusi di pollo, confezioni famiglia di arista, macinato, zampe di coniglio? Se lo chiede pure Nicola Alessandrini che, citando un passo del libro della Genesi, sulla carne ha realizzato una serie di opere originali a matita. Il 16 gennaio le opere verrano esposte a Bologna, presso gli spazi della galleria Portanova 12, in una mostra personale intitolata appunto Della mia carne. Ad accompagnare la mostra una serie di serigrafie in edizione limitata, realizzate appositamente per l’evento e stampate da Strane Dizioni.

QUANDO: 16 gennaio — 8 febbraio 2015
OPENING: 16 gennaio | 18,00
DOVE: Portanova 12 | via Porta Nova 12, Bologna