Lo scorso Giovedì
13 febbraio presso il MAMBo di
Bologna si è tenuta la presentazione del libro “Frontier – the line of style”, terzo step del più ampio progetto
curatoriale Frontier – La linea dello
stile, per la valorizzazione artistica e l’approfondimento teorico e
critico del writing e della street art. Progetto che nel 2012, con il supporto
del Comune di Bologna e il
contributo della Regione Emilia-Romagna,
ha portato a Bologna tredici artisti di livello internazionale, tra i più
rappresentativi di queste due discipline, quali: PhaseII, Daim, Does, M-City, Honet, Rusty, Cuoghi Corsello, Dado, Joys, Etnik, Eron, Hitnes e Andreco. Ognuno intervenendo, con opere site specific, su muri di
grandi dimensioni e di forte impatto visivo appartenenti all’edilizia
residenziale pubblica.
I curatori
dell’intero progetto, Fabiola Naldi
e Claudio Musso, sono davvero
orgogliosi di presentare questo volume, di cui si evince forte e chiaro il carattere
transdisciplinare dalle parole di Fabiola Naldi, che tiene a sottolineare il “carattere
didattico e divulgativo del testo”. Esso contempla infatti tutta una serie di
voci “appartenenti sia alle metodologie affrontate, sia alle dinamiche delle
realtà stesse dei due movimenti, sia del writing che della street art.” Spiegando
che “il testo parte da molto lontano, nel senso che non può non partire dalle
Avanguardie di inizio ‘900, non può non partire da tutto un humus che
appartiene principalmente al territorio italiano.” Il libro, continua, “è
“schizofrenico”, come le due discipline, nel senso che […] il corpo
iconografico appartiene a Frontier, ma non sempre i testi parlano di Frontier,
possono parlare di molto altro. Si prendono la responsabilità di analizzare e
approfondire delle tematiche che sono state molto poco approfondite.” Dal
saggio di Jane Rendell, sulla sua critical spatial practice come metodo
per la comprensione di progetti come Frontier, che hanno un approccio critico
sia con gli spazi in cui intervengono che con le discipline coinvolte; a quello
di Christian Omodeo, sul fallimento
della politica odierna di controllo del writing, che visto come sintomo di un
nuovo diritto alla libertà di espressione visuale nello spazio urbano, può
diventare strumento per rivedere la connotazione visiva delle città di oggi e
per il giusto inquadramento giuridico del movimento stesso. Inoltre viene
presentata la ricerca di Claire
Calogirou, che, basata sui primi Graffitisti in Europa, propone un’analisi
antropologica del movimento, contestualizzando quella che è la collezione di
Graffiti del MuCEM di Marsiglia,
all’interno del quale si è svolta la ricerca; passando poi al saggio di Andrea Brighenti, che propone
un’analisi sociologica delle motivazioni alla base del movimento del writing e della
street art, spiegando il cambiamento di percezione di entrambi, nel momento in
cui vengono assunti nei circuiti di valorizzazione differenziati e
differenzianti; a quello di Dado,
che presenta la sua tesi sulla disciplina del writing in tutta la sua
complessità, un’arte con cui, attraverso la continua ricerca dello stile del
segno del proprio nome, si comunica se stessi, l’individualità di un uomo, del
writer; ed altri saggi ancora. La curatrice spiega che il lavoro svolto è stato
quello da critico e storico dell’arte, e parte dalla necessità di operare una
storicizzazione di un movimento come quello del writing (che fra quattro anni
ne fa cinquanta di anni), affermando che, alla maggior parte dei libri pubblicati
a livello internazionale, dichiaratamente iconografici, manca qualcosa di
fondamentale: la riflessione.
“Una riflessione fatta con una metodologia ben
precisa, quella che noi abbiamo adottato per il progetto Frontier, quella della
fenomenologia e, in qualche modo, quella legata all’osservazione della
generazione; di come le generazioni nel mondo del writing e della street art,
con le dovute differenze anagrafiche, si erano in qualche modo evolute
indipendentemente dal sistema dell’arte, creando un sistema artistico,
iconografico visivo totalitario, totalizzante, e impossibile da arrestare.” Una
riflessione che, come dice la Naldi, è stata possibile elaborare nel tempo insieme
ad alcuni artisti come Dado, Joys, Cuoghi Corsello, punti di riferimento ed
amici per la curatrice. Ed è per ciò che da un lato, nel libro si affronta, con
un approccio storico, una ricostruzione partendo dalla scena newyorkese degli
anni Settanta fino ad arrivare ai giorni nostri, volendo fare un po’ d’ordine.
Dall’altro invece ci si immerge nella parte più tecnica, più pratica e
artistica, definita la terza parte di Frontier, incarnata nella figura di Dado,
“uno dei punti di riferimento della nostra città, insieme all’altro grande
capostipite, Rusty, e ancora Cuoghi Corsello ed altri.” Proprio partendo dalle
loro figure, i curatori hanno voluto rendere omaggio alla città di Bologna, la
prima città in Italia in cui inoltre è stata realizzata una retrospettiva, “grazie
alla grande lungimiranza di un critico che aveva già detto che loro erano la nuova
scena pittorica”, Francesca Alinovi, che “aveva già assaporato e sentito
nell’aria che qualcosa stava cambiando” e che alla sua riflessione
teorico-critica, hanno reso omaggio con la conferenza internazionale kon-FRONTIERt, ospitata anch’essa dal
MAMBo lo scorso febbraio 2013, i cui contributi sono raccolti in questo volume.
“Ciò che a me
interessa” continua la curatrice, “è capire come mai certe realtà, in qualche
modo si sono innestate in questa enorme disciplina che è il writing, e che in
qualche modo si è modificata, nel corso del tempo, diventando anche in alcuni casi
street art. A me interessa dire […] che la street art nasce per una
semplificazione iconografica e visiva inevitabile degli ultimi vent’anni. E
proprio in quei decenni, in cui la street art in qualche modo abbassava i
livelli visivi, e tentava una raffigurazione della città e della società, anche
in maniera denunciatoria e critica, i writers si complicavano l’esistenza, e
facevano un passaggio completamente inverso. Andavano nella complicazione della
lettera, nella complicazione dello stile, diventando sempre più incomprensibili
e quindi attaccabili. Questo è il motivo per cui molte volte il writing viene
affiancato al concetto di vandalismo “grafico”.
Un grande
progetto insomma, che si costituisce di tre parti complementari e indipendenti:
quella operativa di realizzazione delle opere murali; quella operativa di
costruzione e mantenimento del sito web in continuo aggiornamento con nuovi
percorsi, progetti collaterali e approfondimenti; ed infine quella teorica, che
questo libro concretizza. Il duplice compendio per tutto quello di cui Fabiola
Naldi ha tracciato in questa sede le coordinate, ma anche, come tiene a precisare
Claudio Musso, un riconoscimento al lavoro di questi artisti, “che non sono
soltanto street artist, ma artisti a tutto tondo, il cui approccio e i cui
attacchi nello spazio pubblico, e il loro interagire nella socialità, hanno sì
un elemento di forza, nel momento in cui agiscono su muro all’aperto, ma sono
anche dei grandissimi amanuensi; conoscitori delle tecniche pittoriche, che
realizzano lavori che molto spesso vanno al di là dell’intervento su muro,
attraverso tecniche delle più varie, dall’incisione fino all’aerografo, e ad
altre tecniche molto più avanzate.” Rendere merito anche a queste qualità, a
cui prima, secondo il curatore, non era stato dato il giusto peso, è quindi un
altro punto a favore di questo libro. Non rimane adesso che aspettare la
prossima edizione di Frontier, a cui con nostro grande piacere stanno già
lavorando.
Alessandra Ioalè
Nessun commento:
Posta un commento