Lo scorso venerdì 14 marzo, presso la 1AM Gallery di San Francisco, ha inaugurato A Major Minority, una delle più importanti e ambiziose collettive a livello internazionale, non solo perché comprende più di oltre 100 artisti, provenienti da circa 18 paesi diversi di cui circa una decina italiani, ma perché ha la volontà di fare un'indagine su ciò che Poesia, uno dei maggiori graffiti artist con base a San Francisco, nonché curatore della mostra, definisce Othercontemporary Urban Art: n campione internazionale di opere d'arte che rivelano il carattere generale dell’Urban Art e del suo rapporto con il pubblico e il mondo dell'arte contemporanea.
Secondo Poesia, l’arte urbana è diventata un movimento
artistico OtherContemporary, riprendendo il termine coniato da Stefano
Antonelli, perché al di fuori del mondo dell'arte contemporanea e della critica.
Prendendo una vasta campionatura di urban artist più conosciuti al mondo,
Poesia mira a svelare il vero carattere di questa forma d'arte nata al di fuori
della teoria e sulla base delle sue interazioni con il pubblico, così come con
il paesaggio urbano che la ospita e in cui si mostra in tutte le sue
sfaccettature espressive.
A
Major Minority cerca
di illustrare l'attuale sviluppo di questa forma visiva come la naturale evoluzione della forma d’arte originale dei Graffiti,
che si manifesta alla fine degli anni Sessanta e, successivamente,
quando il termine “Graffiti” comincia ad essere utilizzato fortemente
dai mass media, passa attraverso molte e
progressive mutazioni fino ad oggi, dove "traditional graffiti merges with street art and becomes what the public
has coined Urban Art."* In un bellissimo parallelismo col Cubismo,
Poesia spiega l’excursus delle tre fasi di sviluppo estetico-formale dei
Graffiti dalle originarie tag, realizzate con marker e rozzi strumenti, al Wildstyle e alla
decostruzione completa del lettering,
fino alla terza fase, quella ibrida e astratta dei Graffiti, definita dal
curatore come “an implosion of
synthesis, an inclusion of all other art historical aesthetic forms, as well as
any other kind of visual expression from pop culture, outsider art,
illustration, advertising, and anything else that an artist may be attracted to.”* E proprio in questa fase si colloca Graffuturism, con il quale s’identifica
non soltanto un gruppo di artisti di spicco nel panorama contemporaneo, dal
quale parte anche la selezione degli artisti presenti in mostra, ma un vero
movimento fondato nel 2010 dallo stesso Poesia.
Il carattere complesso di Othercontemporary Urban Art, nelle sue più evidenti e articolate sfaccettature
e sotto-generi, si traduce grazie ad un percorso espositivo omogeneo studiato
ad hoc dal curatore, sviluppandosi in un andamento che racconta l'ampio continuum di approcci ed estetiche che ricadono sotto
la competenza di questa forma d'arte, dal geometrico al figurativo,
passando per l’astratto e arrivando a toccare anche la fotografia. Lo spettatore s’immerge così in un viaggio, progressivo
e lineare, alla volta della conoscenza di ogni singolo artista, di cui sono
esposte dalle tre alle cinque opere in formato A4.
Il percorso ha inizio con opere le cui composizioni si
costruiscono sull’intersezione o la giustapposizione di forme puramente geometriche,
e ad accogliere il pubblico è il lavoro di alcuni artisti italiani, come la serie
di Martina Merlini, e i bellissimi
saggi di Corn79, 108, 2501 e Moneyless, affiancate
alla serie di collage del francese Arnaud
Liar e dell’australiano Slicer,
fondatore della Crew Awoldi Malbourne, che presenta qui due pezzi realizzati su
carta stracciata in cui attraverso l’uso dell’inchiostro e della vernice produce
geometrie del caos nate da linee ben definite e soltanto in apparenza schizzate
e casuali.
Passiamo poi ad un corpus di opere astratto-geometriche, andando
dalle inconfondibili opere astratto-figurative di SatOne, dai toni cromatici accesi che ne definiscono le campiture compositive
originali, a quelle di Etnik, con la
sua caratteristica serie di agglomerati urbani composti su arditi e opposti
piani prospettici e punti di fuga in cui l’uomo è in equilibrio precario; fino alla
bellissima serie di collages
polimaterici del francese Gilbert1,
nelle cui complicate trame di rette bianche su fondo nero nascono segmenti di
colore giallo, arancio e azzurro definendo una composizione nella composizione;
un principio di costruzione geometrica simile che ritroviamo anche nella serie
realizzata con il legno da Drew Tyndell,
pure composizioni cromatiche che giocano sulla contrapposizione di zone di
colore e zone in cui si risalta l’andamento delle venature lignee.
Per non parlare dei riconoscibili, per stile e bravura,
“pezzi” dell’olandese Does, uno dei
più stimati cultori del lettering
europeo; dei virtuosismi geometrici su carta dell’artista americano, Poesia, pieni di quella inconfondibile
liricità cromatica che informa la particolare scomposizione di piani in cui
linee concave e convesse s’intersecano fra loro; e dei pezzi di complessa e
ordinata geometria, modulati sul bianco e nero, in cui si traduce la personale visione
di caos e disordine della vita urbana in cui è immerso Thomas Canto, presente qui con tre opere. Di particolare impatto
visivo la serie di altorilievi, Refraction,
nei quali possiamo rintracciare gli stilemi del complicato graffito di natura wildstyle
di Kwest, artista canadese ormai
famoso per le sue opere scultoree e installative, in cui cerca di rendere
concreto il movimento nello stile delle lettere.
Quest’ultime introducono alla seconda parte del percorso,
che si snoda attorno all’asse puramente astratto su cui si modulano gli
stupendi esemplari dei francesi Dem189
e di Sowat.
Il percorso si conclude con parte dedicata alla serie fotografica dell’artista
Silvio Magaglio, e a un amplio ventaglio di opere prettamente figurative, con tendenza all’illustrazione, che fanno capo a
una ricerca originale e innovativa, sia cromatica che compositiva del soggetto,
della figurazione animale, come le tre bellissime opere di Sainer, e umana, per cui spiccano in assoluto i ritratti a figura
intera di Borondo, le eccezionali composizioni
di Bom.K, e le tre tavole che
compongono il trittico di Bezt (Etam
Crew), con la raffigurazione di un ragazzo seduto su una panchina, immerso
nella scena attuale di vita urbana; vi sono poi delle focalizzazioni su alcune
parti anatomiche, come la mano negli studi sulla gestualità operati dagli italiani
Vesod, nelle sue ormai classiche
scomposizioni in piani tridimensionali, e da Basik, che richiama a una figurazione tribale; e per finire V3rbo che si concentra sulla
rielaborazione del volto di alcuni personaggi in qualche modo legati a lui e al
suo mondo, facendone dei ritratti meccanizzati.
A Major Minority è
un racconto lungo oltre 400 opere dal carattere ambizioso volendo mostrare lo
stato attuale di maturazione raggiunto da questo movimento, come afferma
Poesia, non soltanto artistico e culturale, ma anche intellettuale, che si prefigura
come “principale forma d’arte globale”. Un’arte definita OtherContemporary, da sempre parallelamente esistita ma al di fuori
di ciò che è conosciuto, all’interno del mondo degli addetti ai lavori, come “Arte
Contemporanea”.
“Because we are The Other, the Major Minority, […] we
fall outside of the contemporary art market and the intellectual elite in all
its forms.”* Da qui il titolo per rappresentare quella Minoranza importante del
movimento di cui gli
artisti qui presentati, ne incarnano l’estetica affrontando tematiche della
società post-moderna, ognuno col proprio approccio e interpretazione ma dalla
comune natura illegale d’azione per le strade e negli spazi pubblici. “Urban Art is a form of protest based in a public
transgressive act, a visual civil disobedience that utilizes illegal aesthetic
manifestations to broadcast disobedience from urban display surfaces.”*
*Ho scritto questo articolo anche sulla
base del Manifesto di dichiarazione scritto a due mani da Ekg e Poesia, che
potrete leggere interamente qui.
Una lettura di questo saggio è molto importante secondo me, in quanto pone in
evidenza molte questioni importanti tra le quali quella dell’uso appropriato o
meno della terminologia di riferimento, della mancanza di analisi critica del
movimento Urban Art e delle discipline ad esso annesse, facendo una piccola
analisi dello stato attuale delle cose. Questioni che, ultimamente, anche in
Italia abbiamo sentito l’esigenza di affrontare più volte e risolvere.
Alessandra Ioalè
Si ringrazia Etnik per le foto
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