mercoledì 19 marzo 2014

A Major Minority: The OtherContemporary Urban Art - San Francisco – review di Alessandra Ioalè




Lo scorso venerdì 14 marzo, presso la 1AM Gallery di San Francisco, ha inaugurato A Major Minority, una delle più importanti e ambiziose collettive a livello internazionale, non solo perché comprende più di oltre 100 artisti, provenienti da circa 18 paesi diversi di cui circa una decina italiani, ma perché ha la volontà di fare un'indagine su ciò che Poesia, uno dei maggiori graffiti artist con base a San Francisco, nonché curatore della mostra, definisce Othercontemporary Urban Art: n campione internazionale di opere d'arte che rivelano il carattere generale dell’Urban Art e del suo rapporto con il pubblico e il mondo dell'arte contemporanea. 
Il curatore spiega in risposta ad una domanda che gli ho posto: The idea was to invite a large sample of artists from around the world based on a new generation of painters. Most have history in Urban/Graffiti art and I wanted to showcase the range and depth of todays painters. I did not choose the artists based on a style or aesthetic, Instead I wanted to include many mediums and different styles of art.





Secondo Poesia, l’arte urbana è diventata un movimento artistico OtherContemporary, riprendendo il termine coniato da Stefano Antonelli, perché al di fuori del mondo dell'arte contemporanea e della critica. Prendendo una vasta campionatura di urban artist più conosciuti al mondo, Poesia mira a svelare il vero carattere di questa forma d'arte nata al di fuori della teoria e sulla base delle sue interazioni con il pubblico, così come con il paesaggio urbano che la ospita e in cui si mostra in tutte le sue sfaccettature espressive.





A Major Minority cerca di illustrare l'attuale sviluppo di questa forma visiva come la naturale evoluzione della forma d’arte originale dei Graffiti, che si manifesta alla fine degli anni Sessanta e, successivamente, quando il termine “Graffiti comincia ad essere utilizzato fortemente dai mass media, passa attraverso molte e progressive mutazioni fino ad oggi, dove "traditional graffiti merges with street art and becomes what the public has coined Urban Art."* In un bellissimo parallelismo col Cubismo, Poesia spiega l’excursus delle tre fasi di sviluppo estetico-formale dei Graffiti dalle originarie tag, realizzate con marker e rozzi strumenti, al Wildstyle e alla decostruzione completa del lettering, fino alla terza fase, quella ibrida e astratta dei Graffiti, definita dal curatore come “an implosion of synthesis, an inclusion of all other art historical aesthetic forms, as well as any other kind of visual expression from pop culture, outsider art, illustration, advertising, and anything else that an artist may be attracted to.”* E proprio in questa fase si colloca Graffuturism, con il quale s’identifica non soltanto un gruppo di artisti di spicco nel panorama contemporaneo, dal quale parte anche la selezione degli artisti presenti in mostra, ma un vero movimento fondato nel 2010 dallo stesso Poesia.





Il carattere complesso di Othercontemporary Urban Art, nelle sue più evidenti e articolate sfaccettature e sotto-generi, si traduce grazie ad un percorso espositivo omogeneo studiato ad hoc dal curatore, sviluppandosi in un andamento che racconta l'ampio continuum di approcci ed estetiche che ricadono sotto la competenza di questa forma d'arte, dal geometrico al figurativo, passando per l’astratto e arrivando a toccare anche la fotografia. Lo spettatore s’immerge così in un viaggio, progressivo e lineare, alla volta della conoscenza di ogni singolo artista, di cui sono esposte dalle tre alle cinque opere in formato A4.





Il percorso ha inizio con opere le cui composizioni si costruiscono sull’intersezione o la giustapposizione di forme puramente geometriche, e ad accogliere il pubblico è il lavoro di alcuni artisti italiani, come la serie di Martina Merlini, e i bellissimi saggi di Corn79, 108, 2501 e Moneyless, affiancate alla serie di collage del francese Arnaud Liar e dell’australiano Slicer, fondatore della Crew Awoldi Malbourne, che presenta qui due pezzi realizzati su carta stracciata in cui attraverso l’uso dell’inchiostro e della vernice produce geometrie del caos nate da linee ben definite e soltanto in apparenza schizzate e casuali.




Passiamo poi ad un corpus di opere astratto-geometriche, andando dalle inconfondibili opere astratto-figurative di SatOne, dai toni cromatici accesi che ne definiscono le campiture compositive originali, a quelle di Etnik, con la sua caratteristica serie di agglomerati urbani composti su arditi e opposti piani prospettici e punti di fuga in cui l’uomo è in equilibrio precario; fino alla bellissima serie di collages polimaterici del francese Gilbert1, nelle cui complicate trame di rette bianche su fondo nero nascono segmenti di colore giallo, arancio e azzurro definendo una composizione nella composizione; un principio di costruzione geometrica simile che ritroviamo anche nella serie realizzata con il legno da Drew Tyndell, pure composizioni cromatiche che giocano sulla contrapposizione di zone di colore e zone in cui si risalta l’andamento delle venature lignee.








Per non parlare dei riconoscibili, per stile e bravura, “pezzi” dell’olandese Does, uno dei più stimati cultori del lettering europeo; dei virtuosismi geometrici su carta dell’artista americano, Poesia, pieni di quella inconfondibile liricità cromatica che informa la particolare scomposizione di piani in cui linee concave e convesse s’intersecano fra loro; e dei pezzi di complessa e ordinata geometria, modulati sul bianco e nero, in cui si traduce la personale visione di caos e disordine della vita urbana in cui è immerso Thomas Canto, presente qui con tre opere. Di particolare impatto visivo la serie di altorilievi, Refraction, nei quali possiamo rintracciare gli stilemi del complicato graffito di natura wildstyle di Kwest, artista canadese ormai famoso per le sue opere scultoree e installative, in cui cerca di rendere concreto il movimento nello stile delle lettere.







Quest’ultime introducono alla seconda parte del percorso, che si snoda attorno all’asse puramente astratto su cui si modulano gli stupendi esemplari dei francesi Dem189 e di Sowat.





Il percorso si conclude con parte dedicata alla serie fotografica dell’artista Silvio Magaglio, e a un amplio ventaglio di opere prettamente figurative, con tendenza all’illustrazione, che fanno capo a una ricerca originale e innovativa, sia cromatica che compositiva del soggetto, della figurazione animale, come le tre bellissime opere di Sainer, e umana, per cui spiccano in assoluto i ritratti a figura intera di Borondo, le eccezionali composizioni di Bom.K, e le tre tavole che compongono il trittico di Bezt (Etam Crew), con la raffigurazione di un ragazzo seduto su una panchina, immerso nella scena attuale di vita urbana; vi sono poi delle focalizzazioni su alcune parti anatomiche, come la mano negli studi sulla gestualità operati dagli italiani Vesod, nelle sue ormai classiche scomposizioni in piani tridimensionali, e da Basik, che richiama a una figurazione tribale; e per finire V3rbo che si concentra sulla rielaborazione del volto di alcuni personaggi in qualche modo legati a lui e al suo mondo, facendone dei ritratti meccanizzati.








A Major Minority è un racconto lungo oltre 400 opere dal carattere ambizioso volendo mostrare lo stato attuale di maturazione raggiunto da questo movimento, come afferma Poesia, non soltanto artistico e culturale, ma anche intellettuale, che si prefigura come “principale forma d’arte globale”. Un’arte definita OtherContemporary, da sempre parallelamente esistita ma al di fuori di ciò che è conosciuto, all’interno del mondo degli addetti ai lavori, come “Arte Contemporanea”.
“Because we are The Other, the Major Minority, […] we fall outside of the contemporary art market and the intellectual elite in all its forms.”* Da qui il titolo per rappresentare quella Minoranza importante del movimento di cui gli artisti qui presentati, ne incarnano l’estetica affrontando tematiche della società post-moderna, ognuno col proprio approccio e interpretazione ma dalla comune natura illegale d’azione per le strade e negli spazi pubblici. Urban Art is a form of protest based in a public transgressive act, a visual civil disobedience that utilizes illegal aesthetic manifestations to broadcast disobedience from urban display surfaces.”*




*Ho scritto questo articolo anche sulla base del Manifesto di dichiarazione scritto a due mani da Ekg e Poesia, che potrete leggere interamente qui. Una lettura di questo saggio è molto importante secondo me, in quanto pone in evidenza molte questioni importanti tra le quali quella dell’uso appropriato o meno della terminologia di riferimento, della mancanza di analisi critica del movimento Urban Art e delle discipline ad esso annesse, facendo una piccola analisi dello stato attuale delle cose. Questioni che, ultimamente, anche in Italia abbiamo sentito l’esigenza di affrontare più volte e risolvere.

 Alessandra Ioalè



Si ringrazia Etnik per le foto 

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