fonte: sugarDAILY
Villa Tomè a Trebaseleghe è il primo luogo in Italia a
diventare sede espositiva per la Street art, dichiarando come obiettivo
quello di giungere nel tempo alla creazione di un Grim (Graffiti Italian
Museum). Interessante e alquanto positivo risultato quello di riuscire
ad ottenere anche il patrocinio del comune di Trebaseleghe, indicando
quindi che la Street art sta iniziando ad essere vista in maniera
positiva e non più come un “imbrattamento” del suolo pubblico. Quali
sono stati i passaggi fondamentali di questa importante iniziativa?
Prima di spiegare i passaggi del progetto, è importante sottolineare
come esista una sostanziale differenza tra Street Art e Graffiti, perché
sono due linguaggi differenti, uno basato sullo studio delle lettere e
sulla scrittura del nome del writer, l’altro invece su un approccio
molto più figurativo e iconico.
Veniva visto “imbrattamento” dello spazio pubblico, come dici tu,
perché ci sono delle leggi a riguardo e molte volte i writers rischiano
di essere ritenuti solamente dei vandali. E’fondamentale, però,la
matrice di illegalità con cui il movimento nasce, un aspetto basilare
per sviluppare la velocità e la gestualità del segno, che sono altri
elementi fondamentali.
E’ vero che la Street Art sta iniziando ad essere vista in maniera
positiva sia dalle persone, che dalle istituzioni e spesso viene anche
tutelata a discapito del Writing che invece viene (quasi) sempre
condannato, ma questa apertura deriva proprio dalla tipologia del
linguaggio che è diventato differente e che viene molto più accettato
nel momento in cui si fanno dei lavori prettamente figurativi,
facilmente leggibili e decodificabili.
Il Grim, che va visto come un progetto in progress, nasce dall’idea
di Antonio Ceccagno, presidente dell’Associazione Jeos, nata in ricordo
di Giacomo. Fin dagli inizi l’Associazione si era posta come obiettivo
quello di portare avanti le forme di arte urbana, quindi il Writing e la
Street Art, senza però voler snaturare questi linguaggi espressivi. Il
Grim va quindi visto come uno step successivo, nato nel momento in cui è
stata resa disponibile questa bellissima villa, per gentile concessione
di Federico Baratelli attivo promulgatore, e si è pensato di renderla
luogo di esposizione.
Molto più importante, secondo me, è vederla come luogo di ricerca
sull’argomento e come base per instaurare una serie di relazioni
nazionali e internazionali sul tema. Nel gruppo di coloro che hanno
attivato l’intero processo vanno visti anche gli EAD, crew storica
padovana conosciuta internazionalmente, e Carmen Losasso, che da
appassionata sull’argomento è diventata anche una persona che se ne
intende.
Trebaseleghe si è dimostrata molto aperta, il sindaco e la giunta
hanno capito la validità del progetto e sono lieti di ospitarlo nel loro
comune.
Da parte mia è giusto dire che sono una curatrice che collabora come
esterna con questo luogo e che, al momento, ho curato la mostra di
inaugurazione CULTURAL LANDSCAPES / Visioni Urbane. Da esterna penso che
comunque il Writing e la Street Art non debbano venire snaturati e
portati in contesti al chiuso, penso siano molto più interessanti dei
lavori che parlino di Writing o comunque delle documentazioni
sull’argomento. E’ importante mantenere la genuinità del fenomeno e non
farlo diventare feticcio espositivo.
Come si trova un artista che fa “Street art”? Sembra una
domanda sciocca, però in effetti ci sarà – come per le forme d’arte più
classiche – una scala di giudizio e di merito. Come si distingue un vero
artista di strada? Da dove arrivano, nel senso, quali scuole affrontano
prima di decidere di diventare dei “graffitari”?
Credo ci sia davvero molta confusione sull’argomento. Per tenere
comunque il discorso su un approccio generico, quindi cerco di metterti
insieme graffiti e street art, posso solo spiegarti che non vi sono
scuole. La strada è la scuola (come una volta ha detto Joyce): è lì che
si impara a scrivere il proprio nome, è lì che ci si firma ed è in quel
luogo che si sviluppa il proprio stile, fondamentale per il writer.
Si tratta di percorsi di anni e di una evoluzione stilistica
costante. Per quanto riguarda la street art, invece, l’importante è
essere originali, far nascere le proprie idee in maniera genuina e non
iniziare a farla per questioni economiche, dato che vi sono stati degli
exploit negli ultimi anni.
La scala di giudizio e di merito sta nel proprio stile, nella riconoscibilità del proprio lavoro, nell’originalità.
Spesso sono i pari, ovvero quelli appartenenti al mondo dei graffiti
che è molto chiuso, che riconoscono se un writer è valido o no. Per
quanto riguarda poi il portarli all’interno di un contesto un po’ più
istituzionale come quello dell’arte, spesso sono dei curatori che si
occupano dell’argomento, che sono in un qualche modo militanti, anche
come osservatori esterni, e che conoscono molti writers, in questo modo
divengono delle figure ibride che dialogano tra entrambi i contesti,
quello in strada e quello in luogo chiuso.
La mostra appena conclusasi, dedicata ad una personale di
Giacomo Ceccagno, in arte Jeos (che, se non sbaglio, dà anche il nome
alla vostra associazione), ha ottenuto un bel po’ di riscontri positivi.
In particolare, è piaciuta la commistione fra la villa Settecentesca e
l’esposizione prettamente contemporanea, in una sorta di armonioso
contrasto. Considerando che l’estetica non è statica, perciò lo stesso
valore estetico si può ritrovare in due cose lontanissime e
apparentemente contrastanti fra loro, possiamo immaginare che la “street
art” sia un moderno veicolo dell’invenzione? Un modo per ribadire,
ancora una volta, che l’arte non si può fermare ad un solo modello, ma
che deve continuare a rigenerarsi sotto varie forme, se vuole continuare
ad essere viva e vitale?
Innanzitutto la commistione tra lavori d’arte contemporanea e luoghi
più antichi non è nuova, per citarne alcuni esempi illustri posso dirti
la mostra di Koons a Versailles che c’è stata un po’ di anni fa, oppure
per andare più vicino a Villa Pisani a Strà che spesso è luogo di
esposizione di lavori contemporanei e la stessa Venezia ne è un continuo
esempio.
Se ci pensi questi edifici erano contemporanei per chi li ha fatti
all’epoca e noi in realtà viviamo in un mondo che continua a
ricostruirsi su se stesso ponendo le proprie fondamenta su diversi
livelli di stratificazione.
L’arte è un veicolo del pensiero, è una visualizzazione critica e
parla del proprio tempo. Per questo motivo è sempre vitale. L’importante
è non ripetersi, ma se chi se ne occupa conosce bene la storia
dell’arte di solito non commette questo errore, ma magari parte da
lavori di altri artisti come base critica per sviluppare un discorso che
funziona.
Però qui ti sto parlando più da critico, una mia amica artista la
settimana scorsa mi ha detto: “ho avuto una visione”, e quella poi è
diventata il lavoro.
La Street Art e il Writing sono le forme d’arte contemporanea forse
più vivaci attualmente, il movimento d’arte più influente degli ultimi
anni, lo stesso Jeffrey Deitch in una mostra importante del Moca a Los
Angeles di due anni fa, infatti, lo ha definito così. E non a torto,
perché è una forma d’arte nata ormai cinquant’ anni fa e che tuttora si
sta evolvendo. L’altra faccia della medaglia è che ora più che mai si
stanno creando delle speculazioni economiche su questa.
Ci tengo però a parlare almeno un po’ della mostra CULTURAL LANSCAPES
/ Visioni Urbane con le opere di Giacomo Ceccagno. Mi premeva
moltissimo in questa mostra riunire le due anime di Giacomo / Jeos,
quella come artista in studio e quella come writer in strada. Spesso si è
detto che al centro dei suoi lavori vi siano ruspe, elicotteri, ganci,
io invece penso che queste siano solo una parte per il tutto, e che
invece il suo lavoro parlasse in toto del paesaggio urbano, da qui il
titolo, e che quindi le sue tele in realtà fossero poi la
concretizzazione visiva di tutto il suo percorso in strada, inteso come
esperienza estetica, che faceva per muoversi e dipingere come writer.
Per questo motivo era importante per me dare alla mostra anche un
approccio documentativo, con il suo blackbook, e una serie di fotografie
inedite.
Bansky in Inghilterra e Kenny Random in Italia: due nomi che
hanno fatto della Street art un argomento di cronaca, riportando in auge
la Graffiti’s art dell’epoca pop, quella dei mostri sacri Haring e
Basquiat, senza dimenticare quella grande galleria a cielo aperto che è
il Muro di Berlino. Dopotutto, i graffiti sono sempre riusciti a
scatenare una qualche reazione, che sia essa positiva o che sia
negativa. Libertà, ribellione, denuncia, la trasgressione, la
popolarità: quali sentimenti si celano, secondo te, dietro a questo
inevitabile successo della “street art”? E’ più una questione di impatto
emotivo o del semplice trovarsi lì, alla portata di tutti?
Banksy e Kennyrandom sono due nomi importanti, certo, ma te ne potrei
citare molti altri davvero interessanti. Quando mi ritrovo a parlare di
Bansky e a spiegare la Street Art, ci tengo sempre a parlare anche di
Blek Le Rat, riportando quindi sul piano storico critico l’origine
effettiva della street art, e a mostrare i suoi lavori, facendo
comprendere come il lavoro di Bansky sia un’ottima evoluzione ma che si
poneva su delle basi già molto forti.
Kennyrandom è un altro artista che è stato sempre innovativo, ma
quello che mi preme dire, dato che i suoi lavori sono già molto
conosciuti, è come lui sia stato uno degli iniziatori della scena a
Padova, di come la sua margherita alle banche sia stata una delle micce
di tutta la cultura qui della zona, insieme al pezzo di Rusty da
Bologna. Di Padova potrei parlarti per ore, ma è importante ribadire che
nel mondo del Writing ci sono moltissimi altri elementi validi, e che
spesso l’ occhio viene catturato da un linguaggio più comprensibile, non
da quello delle lettere che invece di solito è difficile da decifrare e
si basa su di un sistema chiuso.
Per fare delle specifiche, né Haring né Basquiat si ritenevano dei
graffitari, di sicuro vengono riconosciuti in letteratura come tra i
primigeni della Street Art, molto più però Haring sia anche per tutta la
questione dei gadget sviluppata. Nel caso del Muro di Berlino, immagino
tu intenda l’East Side Gallery, invece si parla di muralismo urbano,
altro argomento. Guardalo dietro, però, e scoprirai dei pezzi
incredibili di Writing, lì ne ho visto uno di Sofles che mi è rimasto
dentro.
Della Street Art sì giusto l’emozione, i sentimenti e il trovarsi
alla portata di tutti, come dici tu, ma è anche di economia che un po’
si tratta.