martedì 22 gennaio 2013

Intervista a DAMU REGGIANI (from aerosolart.it)



Navigando per la rete, soprattutto grazie alla miriade di social network che oramai entrano nelle nostre vite ogni giorno, è possibile conoscere nel 2013 personaggi che in un modo o nell’altro, hanno scritto alcune pagine della storia del writing in Italia.
E’ il caso di Damu Reggiani, una ragazza che era attiva più di 15 anni fa ma che ho conosciuto solo adesso, incredibilmente tramite LinkedIn.
Trovando sicuramente interessanti e formativi i racconti di vita vissuta da altri artisti, mi è sembrato giusto fare alcune domande a questa writer.

Nella scena dei graffiti-writing, da sempre, le ragazze che dipingono sono numericamente poche. Voi eravate riuscite a mettere assieme una crew, seppur piccola: quali erano i vostri rapporti con il resto della scena? 
Io e Nuar eravamo due ragazze writer. Il bello di essere una ragazza e quindi in un certo senso una mosca bianca, è che potevi girare da una crew ad un’altra ed essere sempre ben accetta, sai com’è, per cui un giorno dipingevamo a Mantova con la BOC e il giorno dopo eravamo a Verona con un’altra crew (VCW, TSM, CSI). All’epoca alcune crew delle nostre zone erano talmente underground da non avere neppure un nome definito, non si volevano inquadrare in una definizione. I ragazzi “b-boys” erano sempre molto gentili con noi “flys”, e nessuno ci ha mai minimamente mancato di rispetto, anzi. Era un mondo a parte, diverso, era bello.

Cosa spinse una ragazza, in quegli anni in cui i graffiti erano sicuramente meno socialmente accettati e conosciuti, rispetto ad ora, a intraprendere questa strada? 
Direi un colpo di fulmine, una passione viscerale verso alcuni pezzi (pochi allora) che vidi in giro.

Sei ancora attiva o hai appeso gli spray al chiodo? 
Non aggredisco più i muri spinta dall’istinto adolescenziale di quegli anni, se capita realizzo qualche pezzo su commissione, ma preferisco evitare, il writing non si può semplicemente imbrigliare in un muro domestico, ha senso solo se è un gesto fugace in un determinato contesto urbano, in altri contesti stona diventa quasi pacchiano e si sminuisce, cosa che voglio evitare. La mia passione per l’aerosol art ha ideato Stikka, un’azienda che crea prodotti underground al limite tra arte e design.

In che modo l’aerosolart ha influenzato la tua vita? 
Il writing fa parte di me. E io faccio parte del writing. Questa arte ha cambiato la mia vita in tutti i sensi. Le mie scelte di vita sono spesso state fatte in base all’amore verso questa arte, personali e non solo. Mi sono diplomata in Comunicazione Visiva , persino la mia tesi intitolata “Writingrafica”, analizzava il lettering e il suo passaggio dal graphic design all’aerosol art. La stessa Stikka appunto nasce con l’intento di coniugare la mia passione per il writing e il mondo dell design.

Quali differenze vedi tra scena italiana dei tempi in cui hai iniziato tu e quella attuale? 
Mah non saprei, di Eron e Sangue Misto non è facile vederne, certo Blu è fuori dal comune.

Quando pensi a questa disciplina, qual’è il primo pensiero che ti viene in mente? 
A quanto questa disciplina mi abbia insegnato a vivere, a stare nel gruppo, ad essere sicura di me stessa e alla fortuna che ho avuto a non finire male in certe situazioni un po’ anomale!

Nella tua ricerca stilistica cosa sta/stava alla base del tutto? 
Sì, lo stile era tutto! Non era una regola scritta, era un concetto che ogni writer maturava nel suo percorso. Io volevo essere una perfezionista, o niente. Tratti sottili, lettering mai visto, colori insoliti ecc. Inutile dire poi che alcuni personaggi hanno influenzato il mio modo di concepire lo stile. Soprattutto ero affascinata dalla scena bolognese e dai talenti che emergevano in quell’area. Bologna effettivamente era una fucina in tutti gli ambiti dell’hip hop, vuoi per il Dams, vuoi per i centri sociali. Ad esempio non credo di aver mai incontrato un’artista più stiloso di DJ Gruff, che tu fossi writer, breaker o mc non potevi negare la sua genialità. Altra ispirazione bolognese molto underground era stata per me l’oca Pea Brain, più avanti scoprii opera della grandissima Monica Cuoghi. Stranamente, traevo ispirazione dai modi più che dalle forme, per questo non direi di avere avuto un writer preferito, io andavo per la mia strada traendo ispirazione dal mondo. Non ero sensibile ai complimenti ma sicuramente uno dei momenti più esaltanti fu quando Dare (RIP) mi scrisse che ammirava molto il mio stile, unico e così diverso soprattutto per una ragazza. In definitiva comunque l’ispirazione l’ho attinta dal mio background culturale, amavo gli artisti futuristi da Boccioni a Balla e a come l’idea di arte in movimento fosse il mio vero concetto di writing, come un graffito dipinto su un treno che sfreccia a tutta velocità lascia a chi lo vede solo l’idea di sé. Un’arte veloce, imprecisa, casuale. Io dipingevo quasi sempre in free style infatti per me questa arte doveva essere improvvisazione.
La cosa che più ami e quella che più odi di questa disciplina.
Amo tutto e non odio nulla a prescindere. Questa è la mia filosofia di vita, a maggior ragione per una disciplina che mi ha dato tantissimo e che consiglio a qualsiasi ragazza (o ragazzo) ami l’arte.

Grazie per il tuo tempo Damu, è stato un piacere!