martedì 5 febbraio 2013

INTERVISTA AD ETNIK: SECONDA BIENNALE INTERNAZIONALE DI GRAFFITI - di Giada Pellicari


Dopo la prima edizione tenutasi nel 2010, è tornata la Biennale Internazionale di Graffiti al Museo Mube di San Paolo dal 22 Gennaio al 17 Febbraio 2013.
Nata con l'obiettivo di promuovere i graffiti e la Street Art, ha avuto la capacità di dare una risonanza e una storicizzazione al movimento, inserendolo all'interno del mondo dell'arte contemporanea grazie alla ricostruzione degli influssi e delle tendenze che ci sono state. 
Più di cinquanta artisti sono stati invitati a questa seconda edizione, che si è caratterizzata anche dalla presenza di lavori installativi.
A rappresentare l'Italia è stato chiamato Etnik, importante writer italiano riconosciuto a livello internazionale, il cui stile si caratterizza dalla tridimensionalità marcata e dalla strutturazione delle lettere attraverso una metodologia che ricalca quella architettonica. 
Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo appena tornato da questa esperienza.






Giada: Sei appena tornato dalla Biennale internazionale dei Graffiti che si è tenuta al MUBE a San Paolo, vuoi raccontarci come è andata?

Etnik: La biennale al Mube è stata per me un’occasione molto interessante, sia per lo spazio che ospita l'evento che per l’atmosfera che si è respirata per più di una settimana.
Il fatto di lavorare ogni giorno per sette giorni all’interno del museo, che rimane a porte aperte, ci ha permesso uno scambio immediato con il pubblico ancor prima che la mostra fosse inaugurata e lo stesso scambio è avvenuto con tutti gli altri artisti partecipanti. Ero l'unico italiano presente alla biennale e molti non conoscevano la scena del nostro paese . E' interessante anche come  ci sia stata un’ interazione sia geografica che generazionale; dove convivevano infatti artisti old school accanto a talenti molto giovani. La varietà' di stili tipica del Brasile ti fa poi apprezzare ogni metro del museo.



G: In realtà eri stato a San Paolo già a Maggio del 2012 per un altro progetto, vuoi raccontarci com’è nato il tuo rapporto con il Brasile, com’è la scena attuale lì e come viene visto il Writing da parte delle istituzioni?

E: A maggio 2012 sono stato a San Paolo per la serie di eventi chiamata Momento Italia-Brasil  cioè' il festeggiamento dell' Italia nel paese sudamericano. Con tre writers italiani (Corn79-Mr.fijodor-Macs) abbiamo collaborato e interagito con gli artisti di San Paolo in tre eventi distinti e una hall of fame, stringendo buoni rapporti anche di amicizia coi writers paulisti.
Questo primo viaggio ha gettato le basi per le collaborazioni future sia in Europa che a San Paolo e la biennale è stata la prima occasione per un invito.
La scena nella città' di San Paolo è assai diversa e variegata, ci sono un numero enorme di writers, street artist e artisti poliedrici, difficilmente definibili, che comunque interagiscono tra loro senza difficoltà. Ho notato un fermento e un attività' culturale underground molto radicata, paragonabile alla nostra Berlino in Europa. Gli stessi artisti riuniti in gruppi gestiscono piccole gallerie, proponendo mostre ed eventi in continuazione.
La città' stessa, di dimensioni enormi, si presenta come una galleria a cielo aperto. Puoi viaggiare per ore in macchina e vedere ogni parete o angolo colpito da un writer o artista e il contrasto con le costruzioni abbastanza decadenti o anonime dei palazzoni, la fa risultare surreale per noi italiani.
Il Writing a San Paolo, a differenza dell’Europa, non è considerato il vandalismo più aggressivo; avendo la città' completamente devastata dai pixadores, che scalano i palazzi fino ai piani più alti, il Writing viene visto con un occhio diverso e la possibilità' di dipingere per strada senza troppi problemi è una realtà' possibile. In più' in questo momento il Brasile è in crescita economica e culturale e promuove l'arte in tutte le sue forme, e il Writing  trova i suoi canali nelle persone che per molti anni hanno lavorato per portarlo a livelli alti.




G: Per la Biennale hai portato un’installazione composta da tre pezzi principali, un tipo di lavoro che ti contraddistingue e che è un percorso che hai portato avanti a partire dal tuo lettering. Vuoi raccontarci di cosa si tratta e di come vi sia stata da parte tua una naturale evoluzione dal 3D nel Writing al tridimensionale effettivo?

E: Per la biennale, sin dal primo invito ho pensato ad un’installazione, essendo il museo di scultura mi è sembrato naturale farlo in questo spazio. Ho pensato ad un’ opera che fosse in linea con le mie produzioni su muro e tela: avendo già fatto altre sculture prima su questa linea, ho pensato questa volta di fare un installazione che interagisse col museo, con la città' e la biennale stessa.
Infatti la scultura, intitolata City Revolution, è composta da un corpo centrale, sospeso a mezz’aria, costituito da una serie di volumi che si incrociano ed alcuni elementi e volumi staccati che intersecano il pavimento e il soffitto del museo. Il concetto è sempre quello della critica alla città come agglomerato urbano, mettendo volumi che richiamino la strada (che sono stati fatti taggare da tutti gli artisti della biennale) in contrapposizione ad altri, che rappresentano la parte più fantastica, un richiamo ai colori che usiamo nei graffiti.  
Per me tradurre in scultura i miei disegni è abbastanza naturale, sin dal primo bozzetto, vedo il mio pezzo come un solido fatto di ombre e spessori, e i volumi che compongono le mie lettere sono anche piani su cui far vivere delle scene.










G: Guardando il tuo stile si evince un utilizzo marcato del 3D e quella che si può definire come una “architetturalizzazione della lettera”. Un approccio che chiaramente prende spunto dalla scuola tedesca e olandese del Writing (penso a Delta, Daim ma soprattutto a Zedz). Vuoi raccontarci come si è evoluto il tuo stile negli anni e se questi artisti sono stati un punto di riferimento per te?
E: Il mio stile si può definire 3D in quanto occupo lo spazio e gioco con l’illusione ottica dei piani ribaltati, dal punto di vista del Writing invece io non sono un writer 3D, uso un riempimento piatto, spessori e una outline come il graffito classico, infatti amo tracciare l’outline come fosse un pezzo normale). I paragoni che mi fai mi fanno molto piacere, negli anni ho avuto occasione di dipingere con tutti i miei miti ispiratori, già alla fine dei gli anni Novanta ho conosciuto Loomit e Daim (Pisa, Amburgo, Monaco, Parigi),  e con Zedz, che rimane uno degli artisti che più stimo in Europa, si è stretta una bella amicizia.
Il mio concetto di dipingere si scosta da loro in quanto puristi della lettera, mentre io sono molto contaminato dal disegno, fino al realismo a volte, tutto per descrivere oltre alla mia presenza (lettering) una riflessione sul concetto di “città”.




G: Poiché il tuo lavoro si avvicina molto all’architettura, vorrei sapere se da parte tua vi sia un interesse particolare verso lo spazio urbano e la contestualizzazione del lavoro in maniera site-specific. Inoltre vedi nel tuo stile una sua naturale appartenenza ad un contesto urbano come quello di Pisa e Firenze? Quanto queste due città hanno influenzato il tuo modo di dipingere?
E: Sin dal primo momento in cui preparo un bozzetto lo penso come un solido vero e proprio, rimane nell’idea generale di mettere in primis il mio lettering e di usarlo come base per farlo diventare agglomerato urbano e poter esprimere la mia critica su questo tema. Vivendo in città dove l’architettura rinascimentale è molto importante, a volte vedi lo scempio nell’accostare ad uno di questi edifici storici ecomostri o semplici blocchi di cemento, impensabile in altri paesi.
Il mio interesse nell’architettura va di pari passo sia nello studio del mio lettering, sia nel panorama urbano dove vado ad intervenire. La possibilità più semplice e immediata è quella pittorica, progetti utopici o almeno molto più elaborati sarebbero la costruzione vera e propria di alcune delle mie idee; tra  i sogni nel cassetto ci sono sculture esterne, come installazioni o parchi giochi. (es. Claes Oldenburg).