Siamo in vena di intervistone: qualche giorno fa abbiamo intervistato per voi il friulano CARNE, artista raffinato di cui vi avevamo già parlato in tempi non sospetti, precisamente in QUESTO e in QUEST'ALTRO post.
Innanzitutto le presentazioni: chi è Carne?
Carne è l’alter ego che racchiude le mie parti più
intime e profonde. Nella vita reale tutti noi siamo lavoratori, mariti,
mogli, genitori e quant’altro ed ogni adulto sano e consenziente sa che
per affrontare e sostenere tali condizioni i compromessi e le mediazioni
sono necessari per poter vivere al meglio in questo mondo e chi non lo
ammette è un pazzo nei suoi stessi confronti. Carne è l’antitesi di
tutto ciò, si innesta nella vita quotidiana mitigandone le asprezze e le
difficoltà, non scende a compromessi, non dipinge per lavoro o denaro,
dipinge perché vuole dipingere, perché necessita di dipingere. Carne è
la mia parte più limpida, libertaria, dura ed anarchica, rappresenta ed è
tutto ciò in cui credo e come detto ciò di cui vado fiero è che Carne
non scende a compromessi con nessuno. Pensandoci bene più che un alter
ego è ego allo stato puro, cristallino, la parte più vera di me.
Cosa ti ha spinto ad entrare in questa scena?
Sinceramente non saprei darti una risposta concreta
perché bisognerebbe parlare di amore, passione, sudore, follia e di
tutto ciò che rappresenta la street art e che solo chi c’è dentro può
capire. E’ una cosa troppo grande, troppo forte e folle da poter
spiegare a chi non ha mai scritto il proprio nome sul muro, il perché di
tanta fatica senza nulla in cambio, il perché di tutto il tempo speso a
cercare la lettera perfetta, le notti insonni, il sole che picchia, il
freddo che ti stacca le dita… Come fai a spiegare il perché?
Quello che ti posso dire però è perché mi sono allontanato da questa
scena incominciando a fare altro, incominciando a fare quella che oggi
tutti chiamano street art. Infatti tralasciando le necessità di
espressione che non ritenevo più adeguate a ciò che voglio dire e
rappresentare in questo momento, dietro c’è una disaffezione, quasi
delusione per come si sta trasformando la scena. Non vedo più l’unità di
una volta, ognuno pensa a se stesso e a come tirar acqua al suo mulino,
si è persa la purezza, la libertà e l’istintività di un movimento tra
le carte bollate e gli uffici. Vedo troppi interessi, troppi
compromessi, troppo opportunismo e la cosa mi rattrista un sacco e mi
innervosisce poi molto il fatto che questi writers vedono in me e in
tutti gli street artist una sorta di invasori del loro mondo. Quello che
sto portando avanti infatti, malgrado sia distante anni luce dal
writing è fatto con la stessa attitudine e atteggiamento di un tempo
anzi, si sono addirittura rafforzati.
Hai preso spunto e ispirazione da qualche predecessore o è tutta farina del tuo sacco?
Sinceramente è tutta farina del mio sacco. Ci sono
molti artisti che adoro e che per forza mi influenzano ma non mi
rifaccio a nessuno, ritengo ciò che faccio molto personale sia dal punto
di vista estetico che concettuale ed obiettivamente certe tecniche che
utilizzo le ho viste utilizzare da pochissimi altri. Ciò che più mi ha
influenzato, tanto da fare il fatidico passo dal writing alla street art
è stato Exit trought the gift shop. Per me è stata una bomba scoppiata
in faccia, vedere com’era possibile con la street art comunicare in
maniera cosi chiara, veloce ed immediata mi ha fatto definitivamente
cambiare strada.
Come è evoluto il tuo stile per arrivare a quello che vediamo oggi?
Essendo passato dal writing alla street art, due
mondi drasticamente diversi dal punto di vista del linguaggio e della
tecnica usati è difficile spiegarti la mia evoluzione stilistica. In
seguito a diversi eventi personali e la successiva ricerca “intima”
avevo ed ho la necessità di esprimermi in maniera diversa, ho bisogno di
raccontare ed inviare dei messaggi e la classica murata “pezzo – puppet
– pezzo” non riesce più a stimolarmi. Precisazione, adoro l’aerosol
art, la seguo molto ma non fa più per me, tutto qua.
Come ti rapporti alla scena artistica locale? Collabori con qualche altro artista o sei un lupo solitario?
Mi ritengo un lupo solitario. Le mie scelte sia
stilistiche che personali hanno determinato un allontanamento dalla
scena locale, diversi rapporti si sono incrinati molto a causa di certe
mie posizioni e del mio modo di vedere questo mondo. Trovo che a livello
regionale vi siano delle situazioni in cui la gestione delle risorse a
sostegno della scena risulti poco chiara e mascherare con la filantropia
il proprio opportunismo è una cosa che non posso tollerare. Ci sono in
friuli degli artisti di livello altissimo che andrebbero sostenuti con
progetti a lungo termine per dargli una vera opportunità di emergere
anche a livello internazionale e ciò non avviene malgrado l’esistenza di
associazioni nate per fare questo e la cosa mi rattrista moltissimo.
C’è un artista con il quale ho collaborato e collaborerò anche a breve
ed è The Other, giovanissimo aerosol artist regionale dal talento enorme
e dallo stile unico, adoro lavorare con lui, siamo molto affini e le
tematiche che trattiamo sono simili quindi risulta semplice e molto
piacevole lavorare assieme. Un altro grandissimo writer con il quale non
collaboro da molto ma spero di farlo a breve è Calmo, storico writer
friulano, a lui mi lega prima di tutto un’amicizia fraterna ed è stato
lui a insegnarmi tutto e a spingermi, le pareti fatte assieme non si
contano e spero come detto di ricominciare a farne altre legando i suoi
3D ai miei soggetti.
Quale direzione dovrebbe prendere, secondo te, questo movimento?
In questo momento a livello globale c’è una forte
ascesa ed attenzione all’arte murale in genere ed è sotto gli occhi di
tutti. Quello che mi auguro è che il mondo del writing incominci ad
aprirsi ai nuovi linguaggi estetici e tecnici e che faccia un ulteriore
salto evolutivo abbandonando lo stilema classico che dura ormai da più
di 30 anni. Sta accadendo e questo genera risultati molto interessanti e
spero appunto che ciò possa continuare, il writing è stata una delle
correnti artistiche più forti, importanti e rivoluzionarie del ventesimo
secolo ed è un peccato che si fossilizzi su parametri estetici e
simbolici che perdurano ormai da decenni. D’altro canto spero che i
nuovi artisti murali, lontani anni luce da questo mondo, si rendano
conto che ciò che stanno facendo è possibile grazie a coloro che negli
ultimi decenni contro tutto e tutti hanno spianato la strada a questo
movimento globale restando troppo spesso o quasi sempre poi tagliati
fuori da quest’ultimo. Un ulteriore speranza è che la street art in
Italia ritorni almeno in parte alle sue origini di arte di opposizione
nata e sviluppatasi all’interno degli spazi occupati e indipendenti.
L’ormai solida collaborazione con le istituzioni risulta pericolosa,
rischia di far perdere l’istintività e la forza espressiva di quest’arte
rilegandola a fenomeno quasi folkloristico, ben confezionato e
soprattutto controllato. Ricordiamoci che le istituzioni che finanziano
gli eventi sono le stesse che criminalizzano quest’arte non appena esce
dai contesti prescritti e controllati ed è questa la vera pericolosità
di questo ambiguo rapporto.
Nessun commento:
Posta un commento