giovedì 24 ottobre 2013

C'è parecchia CARNE al fuoco

Siamo in vena di intervistone: qualche giorno fa abbiamo intervistato per voi il friulano CARNE, artista raffinato di cui vi avevamo già parlato in tempi non sospetti, precisamente in QUESTO e in QUEST'ALTRO post.
Innanzitutto le presentazioni: chi è Carne?
Carne è l’alter ego che racchiude le mie parti più intime e profonde. Nella vita reale tutti noi siamo lavoratori, mariti, mogli, genitori e quant’altro ed ogni adulto sano e consenziente sa che per affrontare e sostenere tali condizioni i compromessi e le mediazioni sono necessari per poter vivere al meglio in questo mondo e chi non lo ammette è un pazzo nei suoi stessi confronti. Carne è l’antitesi di tutto ciò, si innesta nella vita quotidiana mitigandone le asprezze e le difficoltà, non scende a compromessi, non dipinge per lavoro o denaro, dipinge perché vuole dipingere, perché necessita di dipingere. Carne è la mia parte più limpida, libertaria, dura ed anarchica, rappresenta ed è tutto ciò in cui credo e come detto ciò di cui vado fiero è che Carne non scende a compromessi con nessuno. Pensandoci bene più che un alter ego è ego allo stato puro, cristallino, la parte più vera di me.

Cosa ti ha spinto ad entrare in questa scena?
Sinceramente non saprei darti una risposta concreta perché bisognerebbe parlare di amore, passione, sudore, follia e di tutto ciò che rappresenta la street art e che solo chi c’è dentro può capire. E’ una cosa troppo grande, troppo forte e folle da poter spiegare a chi non ha mai scritto il proprio nome sul muro, il perché di tanta fatica senza nulla in cambio, il perché di tutto il tempo speso a cercare la lettera perfetta, le notti insonni, il sole che picchia, il freddo che ti stacca le dita… Come fai a spiegare il perché? Quello che ti posso dire però è perché mi sono allontanato da questa scena incominciando a fare altro, incominciando a fare quella che oggi tutti chiamano street art. Infatti tralasciando le necessità di espressione che non ritenevo più adeguate a ciò che voglio dire e rappresentare in questo momento, dietro c’è una disaffezione, quasi delusione per come si sta trasformando la scena. Non vedo più l’unità di una volta, ognuno pensa a se stesso e a come tirar acqua al suo mulino, si è persa la purezza, la libertà e l’istintività di un movimento tra le carte bollate e gli uffici. Vedo troppi interessi, troppi compromessi, troppo opportunismo e la cosa mi rattrista un sacco e mi innervosisce poi molto il fatto che questi writers vedono in me e in tutti gli street artist una sorta di invasori del loro mondo. Quello che sto portando avanti infatti, malgrado sia distante anni luce dal writing è fatto con la stessa attitudine e atteggiamento di un tempo anzi, si sono addirittura rafforzati.

Hai preso spunto e ispirazione da qualche predecessore o è tutta farina del tuo sacco?
Sinceramente è tutta farina del mio sacco. Ci sono molti artisti che adoro e che per forza mi influenzano ma non mi rifaccio a nessuno, ritengo ciò che faccio molto personale sia dal punto di vista estetico che concettuale ed obiettivamente certe tecniche che utilizzo le ho viste utilizzare da pochissimi altri. Ciò che più mi ha influenzato, tanto da fare il fatidico passo dal writing alla street art è stato Exit trought the gift shop. Per me è stata una bomba scoppiata in faccia, vedere com’era possibile con la street art comunicare in maniera cosi chiara, veloce ed immediata mi ha fatto definitivamente cambiare strada.

Come è evoluto il tuo stile per arrivare a quello che vediamo oggi?
Essendo passato dal writing alla street art, due mondi drasticamente diversi dal punto di vista del linguaggio e della tecnica usati è difficile spiegarti la mia evoluzione stilistica. In seguito a diversi eventi personali e la successiva ricerca “intima” avevo ed ho la necessità di esprimermi in maniera diversa, ho bisogno di raccontare ed inviare dei messaggi e la classica murata “pezzo – puppet – pezzo” non riesce più a stimolarmi. Precisazione, adoro l’aerosol art, la seguo molto ma non fa più per me, tutto qua.

Come ti rapporti alla scena artistica locale? Collabori con qualche altro artista o sei un lupo solitario?
Mi ritengo un lupo solitario. Le mie scelte sia stilistiche che personali hanno determinato un allontanamento dalla scena locale, diversi rapporti si sono incrinati molto a causa di certe mie posizioni e del mio modo di vedere questo mondo. Trovo che a livello regionale vi siano delle situazioni in cui la gestione delle risorse a sostegno della scena risulti poco chiara e mascherare con la filantropia il proprio opportunismo è una cosa che non posso tollerare. Ci sono in friuli degli artisti di livello altissimo che andrebbero sostenuti con progetti a lungo termine per dargli una vera opportunità di emergere anche a livello internazionale e ciò non avviene malgrado l’esistenza di associazioni nate per fare questo e la cosa mi rattrista moltissimo. C’è un artista con il quale ho collaborato e collaborerò anche a breve ed è The Other, giovanissimo aerosol artist regionale dal talento enorme e dallo stile unico, adoro lavorare con lui, siamo molto affini e le tematiche che trattiamo sono simili quindi risulta semplice e molto piacevole lavorare assieme. Un altro grandissimo writer con il quale non collaboro da molto ma spero di farlo a breve è Calmo, storico writer friulano, a lui mi lega prima di tutto un’amicizia fraterna ed è stato lui a insegnarmi tutto e a spingermi, le pareti fatte assieme non si contano e spero come detto di ricominciare a farne altre legando i suoi 3D ai miei soggetti.

Quale direzione dovrebbe prendere, secondo te, questo movimento?
In questo momento a livello globale c’è una forte ascesa ed attenzione all’arte murale in genere ed è sotto gli occhi di tutti. Quello che mi auguro è che il mondo del writing incominci ad aprirsi ai nuovi linguaggi estetici e tecnici e che faccia un ulteriore salto evolutivo abbandonando lo stilema classico che dura ormai da più di 30 anni. Sta accadendo e questo genera risultati molto interessanti e spero appunto che ciò possa continuare, il writing è stata una delle correnti artistiche più forti, importanti e rivoluzionarie del ventesimo secolo ed è un peccato che si fossilizzi su parametri estetici e simbolici che perdurano ormai da decenni. D’altro canto spero che i nuovi artisti murali, lontani anni luce da questo mondo, si rendano conto che ciò che stanno facendo è possibile grazie a coloro che negli ultimi decenni contro tutto e tutti hanno spianato la strada a questo movimento globale restando troppo spesso o quasi sempre poi tagliati fuori da quest’ultimo. Un ulteriore speranza è che la street art in Italia ritorni almeno in parte alle sue origini di arte di opposizione nata e sviluppatasi all’interno degli spazi occupati e indipendenti. L’ormai solida collaborazione con le istituzioni risulta pericolosa, rischia di far perdere l’istintività e la forza espressiva di quest’arte rilegandola a fenomeno quasi folkloristico, ben confezionato e soprattutto controllato. Ricordiamoci che le istituzioni che finanziano gli eventi sono le stesse che criminalizzano quest’arte non appena esce dai contesti prescritti e controllati ed è questa la vera pericolosità di questo ambiguo rapporto.


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