Sono entrata in contatto con l’opera di Giulio Vesprini pochi
mesi fa, in occasione della collettiva MINI MAXI Urban Art al GAMC di
Viareggio. Come affermai in un mio articolo al tempo, curiosa e originale è la
sua geologica visione di forme naturali, che si riappropriano degli spazi
urbani in degrado. Una visione che ha radici lontane.
Le sue prime esperienze adolescenziali sono all’interno del
mondo del Writing, che lo vedono partecipare a una delle storiche convention
italiane, il JUICE96 di Ancona, proseguendo poi verso quelle accademiche, dove
si approccia per la prima volta alla grafica incisoria e digitale. Arriva poi a
mutare e a concludere con gli studi alla Facoltà di Architettura, che segnano
in lui il passaggio verso una ricerca cromatica e formale dall’essenziale ed
“ermetica” geometria, stabilendo un nuovo rapporto con la natura.
Alessandra: La tua
poetica vede la luce nei tuoi disegni e prende forma in installazioni
polimateriche. A Treviso (Martellago) ti è stata dedicata una personale presso
Formato Aperto a cura dell'Ass. Interstizio, nella quale hai esposto alcune
delle tue illustrazioni e hai creato una bellissima installazione. Come sei
riuscito a concepire il passaggio dalla bidimensionalità del disegno alla terza
dimensione installativa?
Giulio: Ho
accettato con molto entusiasmo l’invito dei ragazzi di Interstizio. Il loro è
davvero un progetto che parte dal basso e arriva molto in alto perché c’è
un’idea, non autoreferenziale e fine a se stessa, ma concreta e dedicata
all’arte. Il collettivo Interstizio
ha voluto fortemente una mia installazione, e va detto che è stata
ufficialmente la mia prima personale. Ho esposto alcune delle mie illustrazioni
con temi più naturali, credo che siano i bozzetti di opere più grandi, come la
serie delle pietre lunari su muro o delle installazioni a terra. Sono concepiti
come disegni preparatori ma hanno comunque l’autonomia per essere esposti da
soli, in particolare le pietre ed i cerchi.
SPAZIO-TERRA#1, 2013 |
Il passaggio dalla bidimensionalità
alla terza dimensione, se così si può dire, è dovuto principalmente al fatto
che negli ultimi anni preferisco opere più grandi a un dipinto su tela, così
passo dal micro al macro senza via di mezzo. Anche le scuole fatte, come la
facoltà di architettura, hanno molto a che fare con questi ripetuti passaggi di
scala. Sono stato influenzato anche da uno dei miei libri preferiti:
Flatlandia.
SPAZIO-TERRA #3, 2013 |
A: Tutto questo tu
lo porti anche su muro e lo scorso 2013 ti ha visto molte volte invitato a
Roma, in particolar modo per realizzare opere murali all’interno del MAAM. Mi
vuoi parlare di questa esperienza?
G: Sì Roma mi ha letteralmente adottato in
questi ultimi due anni. Sono piacevolmente colpito da questo nuovo fermento che
sta rendendo Roma una degna capitale. Il MAAM e URBAN AREA, del collettivo
Adna, ed altri progetti sparsi per la città, sono realtà attive molto forti nel
territorio, la prima, ad esempio, riesce perfettamente nell’integrazione tra
Street Art e diversi ceti sociali, riuscendo a rendere anche educativi i vari
interventi che i numerosi artisti hanno lasciato sui muri di una città nella
città. All’interno del MAAM ci sono due mie opere, l’ultima fatta per il
progetto Rebirth Day di Michelangelo
Pistoletto, l’altra invece un omaggio alla luna, quest’ultima con lo spazio ed
il missile legano un po’ con tutta la filosofia del MaamMetropoliz. Ricordo che
il 23 giugno scorso, il giorno del supermoon, il giorno della superluna che è
la coincidenza di una luna piena con la minore distanza tra Terra e Luna, ho
realizzato una pietra lunare molto grande frutto di una ricerca iniziata cinque
anni fa, tuttora attiva.
Cerchio G12, 2013 |
Il secondo, è un collettivo impegnato nel recupero di spazi
in disuso, come il cine-teatro Volturno, ora vetrina di bellissime opere d’arte
ed installazioni. Sono state bellissime esperienze, sia come uomo che come
artista. Un grazie particolare a Mirko e Giorgio per i loro inviti.
Cerchio G07, 2013 |
A: Parlami di
questa tua ricerca iniziata cinque anni fa e che ha per soggetto la pietra
lunare.
G: Questi disegni sono arrivati in un
momento di passaggio tra il figurativo più ”pop”, a cui ero legato fin dagli
anni accademici, e un segno che si concentrasse più sulla forma.
Ero stato invitato al fuori salone del 2009 per Digital Is Human, al Museo Nazionale
della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano; girando per le
stanze ho visto esposto il piccolissimo frammento lunare, donato all’Italia
dagli Stati Uniti dopo la missione dell’Apollo 17 sulla luna. Questa storia mi
ha affascinato perché parlava di pace, di fratellanza tra stati attraverso la
cultura e la scienza e non attraverso la politica. Quasi tutti i musei del
mondo hanno un frammento di pietra lunare, donato da quella missione. L’idea
che la Luna, un satellite esterno al nostro pianeta, possa creare un sorta di
unione tra stati terrestri, aveva un non so che di romantico. Diversi artisti
in quel periodo iniziavano una nuova fase di ricerca grafico-pittorica,
mostrando un’attenzione più rivolta alla natura che all’uomo stesso. Anche per
me quello è stato un anno di forti cambiamenti. Ho ripreso a studiare i maestri
del passato vicini alla Land Art ed alle installazioni video, ma soprattutto ho
ricominciato la mia primissima ricerca, concentrata sulla forma, il colore e le
geometrie, che mettevo spesso dentro ai miei video, quadri ed incisioni.
Decisiva è stata la visita nel 2002 a Documenta
11 la mostra quinquennale d’arte contemporanea che si tiene a Kassel in
Germania, dove letteralmente impressionato da grandi artisti, ho capito subito
che la mia inclinazione artistica sia più ermetica e meno lampante. Credo comunque
che ogni percorso fatto fino ad ora sia stato determinante per la mia attuale
ricerca.
PIETRA LUNARE#5, 2013 |
La seconda parte di questa intervista uscirà Martedì prossimo.
Continuate a seguirci!
Info: www.giuliovesprini.it
Intervista di Alessandra Ioalè
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