The City of Philadelphia Mural Arts Program unisce artisti e comunità attraverso un processo collaborativo che mescola la storia dei luoghi con la street art, trasformando gli spazi pubblici, spesso in modo incredibile. La mole di lavori realizzati è veramente notevole: in 27 anni di vita questo progetto ha prodotto ben 3.000 creazioni!
Un progetto che è partito nel 1984 e si è caratterizzato e distinto per la forti componente di valorizzazione e ri-qualificazione, sia artistica sia territoriale. In quell’anno il lungimirante sindaco di Philadelphia, Wilson Goode, era in testa al Philadelphia Anti-Graffiti Network per combattere la dilagante moda di graffiti che rovinavano ogni angolo cittadino: la scelta fu quella di non reprimere ma anzi di convogliare tutta quella energia e quella voglia (e competenza!) artistica in qualcosa che non solo abbellisse la città ma che la raccontasse, unendo artisti, comunità e tradizione. La mossa giusta fu quella di affidare le operazioni al muralist Jane Golden che si fece presto ben volere dai writer.
Negli anni il progetto è cresciuto, e rappresenta un caso innovativo e di successo di partnership pubblica/privata.
Un parte dei murales e delle storie sono disponibili sul web, mostrate e raccontate dallo splendido Mural Explorer: sito che mescola testi con file audio e video in modo piacevole e molto coinvolgente. Si può quindi navigare tra i murales, zoomando oppure scoprendo dove si trovano esattamente grazie a Google Maps. Ovviamente ogni immagine dei murales può essere condivisa su Facebook e Twitter.
Le informazioni e le storie dietro ad ogni creazione possono essere approfondite grazie a comodissimi e veloci menù a tendina o ai diversi punti di interesse individuati sopra al murales: ci sono anche gallerie di immagini (slideshow) che mostrano il making-of delle creazioni. Passione per l’arte e per la propria città emergono ad esempio in Civic Engagement., ma da non perdere assolutamente per lo straripante mix di arte/storia/comunità locale è The Heart of Baltimore Avenue.
fonte: Il Fatto Quotidiano
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