Dal deposito Bulk alla mostra di Art Kitchen. Dalla Milano degli anni ’90 a quella di Pisapia. Mork è un pezzo della storia underground di questa città: artista e antagonista, radicale, sicuramente irripetibile. Il Commissario l’ha intervistato per farcela raccontare.
Che cos’ era il deposito bulk? pensi sia ancora possibile un esperienza del genere nella milano di oggi?
Secondo me il deposito Bulk è stata un’ esperienza unica che non è ripetibile ai giorni nostri, il bagaglio d’ esperienze che è stato accumulato dal grande collettivo che c’ era allora, adesso si è dilazionato in tutto il territorio milanese e hinterland.
Io non mi accollerei più di aprire un negozio illegale nel centro sociale. Quindi non è piu replicabile putroppo o forse meglio cosi.. è cmq un pezzo di storia di cui vado orgoglioso e guai a chi mi viene a parlare male del deposito. Quella è stata la mia casa per quasi 10 anni, ha fatto tanto per la storia delle subculture giovanili e del movimento “ antagonista” con le sue varie sfaccettature.
Il Bulk era un passo avanti a tutte le realtà occupate a Milano. il mix di provenienze diverse di chi veniva li era l’arma che forniva una marcia in piu al Bulk. Se succedeva uno sopruso degli sbirri tutta la piazza accorreva a ribaltare la volante…oggi una cosa del genere non si vede più…quell’humus è sparito come quel momento di aggregazione spontanea che avevamo creato. Oggi chi fa politica è recintato nel suo orticello: se vai ad occupare in Barona quelli del quartiere Sant ‘Ambrogio o di Lope de Vega non vengono a Zam a sentire la serata tekno o se vengono finisce a mazzate putroppo. Anche all epoca era così, ma c’e’ stato un percorso formativo per cui dalle prime mazzate in poi siamo diventati fratelli e ci sentiamo ancora oggi.
Dal connubio di due passioni ovvero la politica e i graffiti nasce un esperienza come VOLKSWRITER: cosa è stata e cos’è tuttora?
I Volkswriter partono dal 2002 quando decidiamo di organizzare una jam che sarebbe stata la piu grossa mai fatta a Milano. Per la prima volta mettiamo a frutto tutti i contatti che avevamo. Organizzammo la jam e invitammo tutti: i 16k, gli LK, Bros e Sonda che erano ancora nel periodo “ tram”, la cosa funzionò e la scena ci portava rispetto. Cosa potevamo fare di piu? Avevamo un posto tattico nel centro di milano ed oltre il dipingere avevamo forti motivazioni politiche. Detto fatto. In quel periodo conoscemmo Fritz ...in un viaggio allucinante in furgone decidiamo di aprire un negozio illegale dentro il centro sociale: il “tora bora”, dove vendevamo le bombole a 1 euro per tutti. Da li abbiamo fatto il botto.
Potevi venire a prendere gli spray alle quattro di notte per andare a fare whole car sull’etr a quartoggiaro…tutti sono passati da noi, eravamo la location underground milanese per antonomasia, di argenti noi eravamo pieni, una cosa che oggi è inimmaginabile. Questa era l’esperienza che ci ha fatto fare il botto per 2 anni.
La prima volta che abbiamo scritto Volkswriter invece è stata nel 2001 per non mi ricordo più quali compagni che erano stati arrestati..abbiamo fatto una pezzata in darsena io e Flood che siamo di origini tedesche, entrambi giocando sul nome volkswagen poichè il concetto era di essere “writers del popolo” a disposizione del Movimento, ma non del movimento mitizzato, ma quello a diposizione dei bisogni concreti, come le occupazioni delle case, i centri per i giovani, il movimento no tav come succede adesso, o contro i fascisti di casa Pound.
Qualcuno vedendo i tuoi lavori potrebbe etichettarti come street artist, cosa ne pensi di questo termine cosi in voga ultimamente?
Per il discorso street art c’è un pre e un post. Il pre è glorioso, all’ avanguardia, il dopo influenzato dal clima che si è venuto ad instaurare a Milano ed è un po’ meno glorioso. La linea di confine è stata la mostra al pac “street art sweet art”. Prima di quella roba la città era all’ avanguardia, a livello, mi azzardo a dire, modiale. I primi poster giganti, i bombardamenti a stikers, tutte cose che ci sono state qua e a Barcellona, in nessun altra città al mondo lavoravano come qui da noi. Io non mi sono mai considerato uno street artist, rivendicando al 100 % il mio essere writer ma non ho mai disdegnato qualsiasi altro mezzo di diffusione del mio modo di dipingere o di portare avanti il mio nome. Sono cresciuto insieme a gente come abominevole, ozmo (che in questo momento è al museo del 900 di piazza Duomo n.d.r), 2501 che adesso magari non disdegnano di andare a fare un pannello (un graffito su un treno n.d.r.) ma sono piu proiettati in maniera molto piu professionale nel mainstream.
A tuo avviso è possibie campare con questo pur rimanendo coerenti con i propri trascorsi?
A mio avviso si. Ozmo o 2501 sono la prova vivente, io sono sempre rimasto attaccato alle storie più underground ma per scelte mie personali. Recentemento però sto cercando di intraprendere quella via li. Sai, di andare in fabbrica non ho troppa voglia..per me c’è un compromesso accettabile tra fare una prostituzione professionale e portare avanti le proprie cose uscendone comuque a testa alta senza doversi vergognare di nulla.
Poco tempo fa hai tenuto una mostra da ART KITCHEN che diciamo è un ambiente di ” street art fighetta” molto distante dal tuo mondo, come mai questo distaccamento dall’ underground?
Sicuramente finora il loro target era un determinato giro di gente d’ estrazione meno “street graffiti”, tuttavia da quando ho iniziato a collaborare con loro si sono resi conto che tornare all’ underground era solo tanto di guadagnato.
A Milano è sempre stato egemone il writing concepito come graffiti lettering, mi ricorderò sempre quando Dumbo, Shampo e compagnia vennero nel 2003 a contestarci la prima mostra che facemmo in via Meravigli; avevamo fatto qualcosa come 500 metri di tela, però non erano più graffiti concepiti per stare solo in strada, ma provavamo a lavorare anche su altre superfici.
Questo a chi disegnava solo in strada non piaceva. Vennero con le maschere tipo carnevale a distribuire volantini contestando la sradicazione di ciò che era nato in strada …erano e sono amici e fortunatamente non finì a botte come finiva di solito. Ci parlammo e mi dissero che non erano li a contestare me ma piuttosto “altri” che con quattro stencil e due adesivi esponevano. Non so se volevano esserci anche loro, sta di fatto ma che poi ci sono arrivati (dopo dieci anni a fare le tag in strada e a contestare gli street artist, anche Dumbo non fa più le tag in strada ma solo l’artist n.d.r.)
La sintesi del tutto è una: meglio campare con quello che ci piace fare piuttosto che farsi 8 ore in fabbrica a fare il blocco motore della fiat. Non bisogna tradire la dignità di noi artisti e di quello che rappresentiamo ne tanto meno rinnegare da dove veniamo.
Come hai vissuto il rientro dall esperienza di Berlino? Tra Milano e Berlino hai notato grosse differenze?
Per me è stato un shock tornare a Milano, tant’è che appena sono tornato ho combinato un bel pò di macelli dovuti all’ incazzatura: tafferugli, risse, notti in questure, non capivo piu questa città, la mia città.
Sono figlio di una tedesca e di un siciliano quindi l’unica mia patria è Milano...e io non me la sentivo più. Adesso che vivo in via Gola con i compagni, con le relazione nel writing restaurate, ho riaffermato me stesso nella scena e nella città.
Ma quando sono tornato da Berlino sembrava fossi in una città di pazzi. Forse il fatto di essere abituato dove la repressione è più cattiva, ma i luoghi simbolici non erano stati toccati per un calcolo di convenienza
politica e di ordine pubblico, ha influito. Se tu ci tieni nei soli quattro punti per te è più facile controllarci che andare a smantellarci, ma questo bisognerebbe spiegarlo ai rincoglioniti tipo De Corato e compagnia cantante giusto per insegnargli l’abc della strategia…Tuttavia, quando ero a Berlino e qui c’era De Corato, non avevo alcuna voglia di tornare a Milano.
Tornato a milano hai assistito alla vittoria di Pisapia eri entusista o diffidente ? Cosa ti aspettavi? E ora?
Sono arrivato convinto che dopo vent’anni almeno di giunta di destra era ora di dare una cambiata …ed è stato bello vedere Milano muoversi veramente fra tanti strati sociali che di solito non dialogano tra di loro.
Sicuramente Pisapia è una novità, anche se su molte cose mi ha deluso tipo l’ aumento del biglietto sul trasporto pubblico o il mancato intervento immediato ed energico sulle emergenze sociali della città. Aveva e ha il mandato per fare di più. Poteva e può sbilanciarsi in difesa degli esclusi, delle categorie deboli..io vivendo in una casa occupata popolare mi aspetto che almeno blocchi gli sfratti. Se ti reputi una città europea di un paese civile,tu la gente non la puoi mettere per strada. Lo dice la nostra costituzione che abbiamo diritto ad una vita dignitosa e un tetto sopra la testa…come è possibile che la Grecia e l Italia devono essere gli unici paesi in cui non c’è un welfare, un sistema sociale che non ti assegna le case? A Milano poi non viene fatta edilizia popolare dall inizio degli anni 80, e questo mentre prosegue il saccheggio di Comunione e Liberazione, con la regia di “Formicazzi”.
Naturalmente mi rendo conto che tutti i danni non possoni essere tolti con la bacchetta magica, un passo avanti comunque c’è stato. Sentirmi dire che l’ occupazione per necessità non deve essere considerata reato, frase detta da un assessore e già un passo avanti, e forse in Italia non si è mai sentita una dichiarazione del genere. Ma un conto è venire qua quando c’è uno sgombero alle 6 della mattina con 100 sbirri sotto casa incazzati che vogliono mandare via due famiglie prima dell’ inverno, e un conto è stare con il culo al caldo a Palazzo Marino e parlare di ste cose!
Poco tempo fa è balzato alla cronaca l’ azione della giunta di cancellare il graffito ” lambrate antifascista” cosa ne pensi?
Non so chi ha deciso di cancellare il tutto (Maran n.d.r.) anche se prima erano passati i fascisti e avevano spaccato tutte le pezzate politiche come quella di sting o del craze …poi il Comune ha deciso di dare una bella mano monocromo e cancellare il tutto. Li ha fatto un passo falso gigantesco. Hanno sbagliato, forse non avevano la cognizione di quello che stavano facendo, sono stati al livello di De Corato che ci fa cancellare dopo 10 giorni il blocco in darsena per Dax o in Bramante a Carlo Giuliani e noi lo rifacevamo il giorno dopo. Questa giunta ha fatto il passo falso di rientrare in questa logica qua, senza andare a capire le motivazioni che c’ erano dietro ai graffiti in questione.
A chi ti potrebbe rispondere che il fatto stesso di impormi alla vista una scritta del genere è da fascista stesso cosa rispondi?
Io rispondo che è la solita sterile polemica sul fatto che il presunto cittadino moderato viene a dire a me che faccio una prevaricazione, che mi prendo il muro e faccio una roba che voglio io.
Se lui mi da del fascista per quello, sono cazzi suoi, io non sono fascista, sto con il popolo, sono in mezzo al popolo e il popolo non è fascista, lo posso garantire. Il tema vero è che ormai l’ unica possibilità d’ espressione senza vincoli e condizionamenti sono i muri. Se il capitalista si va a comprare 100 metri quadri di spazio pubblicitario (magari sul Duomo….n.d.r.) per 2oo mila euro va tutto bene per il cosidetto “cittadino moderato”…Peccato che noi quei soldi non ce li abbiamo, e quindi ci prendiamo i muri, che sono le uniche superfici attraverso le quale ci possiamo esprimere.
Da dove nasce la tua passione per i graffiti e tutto il mondo del writing?
Io arrivo da quella branchia di cultura hip hop che è sempre stata legata ai centri sociali. Tutto questo, a Milano ha suscitato da subito una specie di diatriba tra chi stava più o meno in strada e chi all’ interno di essi. Nei centri sociali stessi era difficile far avanzare il writing , c’era chi aveva l’odio per l’ America e quindi nei posti dove andavi a disegnare dovevi spiegare che questa era una cultura dei proletari americani, che non avevano la possibilità di esprimersi, e noi la riutilizzavamo per riprenderci degli spazi che ci appartenevano e che ci appartengono. E’ giusto quindi che vada in coppia con i centri sociali: le occupazioni, le posse e tutto quel movimento che c’ è stato a cavallo degli anni 80.
La mia formazione dualista è dovuta al merito di due miei maestri. Sto parlando di teatro thp ,con cui ho fatto il mio primo graffito ovvero: “salario garantito” al centro sociale Garibaldi. L’ altro invece è Stizo, uno dei pionieri, ha iniziato a dipingere a milano nell’88, era amico del kraze, e nell’89 ha fatto il primo e2e sulla verde : “merry christmas” .
I primi graffiti che ho notato con coscienza erano quelli dedicati a fausto e iaio in via mancinelli, poi l’hall of fame in Piola di flycat e quella dei tdk in martesana. Questo è stato il mio backround di formazione. Ormai, stiamo parlando di un bel po’ di anni fa!
fonte: I HATE MILANO