martedì 27 marzo 2012

La street art di Gas

Il primo è stata una Mina di quasi un metro che oggi non c'è più. Ma anche simboli semplicissimi e riconoscibili dell'italianità, come la moka del caffè, o la vecchia 500. Simboli muti di una personalità fortemente mediterranea, creativa, vitale, aperta, anzi promotrice, al dialogo: quella di Gas, uno street artist attivo a Reggio Emilia dagli anni '90. Suoi alcuni degli stencil più famosi della città, uno per tutti il "Perle ai Porci", in via Gazzata, utilizzato di recente come illustrazione in una produzione musicale. Gas è talento d'importazione, arrivato in città per studio e poi rimasto, colpito da una città «culturalmente ricca, aperta, con una storia pazzesca alle spalle e una voglia di divertirsi difficile da cogliere, per un “forestiero”».
Gas è partito, come molti artisti di strada, dal graffitismo, per arrivare poi alla tecnica degli stencil, vista in Francia, ad Arles, e subito amata.

«Negli anni '80 - ricorda Gas - la storia dei writers è stata scritta dalle posse: un movimento originale, che non scimmiottava i precursori americani ma dava all'arte una connotazione fortemente locale. Verso la metà degli anni '90 invece quella vena di creatività, vitalità e ribellione era ben sintetizzata dal Patchanka, un movimento potentissimo che raccoglieva suoni, culture e parole da tutti i popoli delle rive del Mediterraneo. Arte di strada, arte del popolo, l'energia della strada».

Ecco… ci parli della strada. Perché l'artista ne è ispirato, la sceglie, a lei dona il proprio tempo…?
«L'origine del movimento è quello che unisce tutta l'arte: lasciare un segno, essere imperituro. La strada permette la più alta delle sfide: essere famoso pur non essendo nessuno. Dietro l'opera non c'è un volto: la scritta, l'immagine, il concetto deve bastare a se stesso. Dalle immagini impresse nelle grotte di Lascaux ad oggi è il desiderio di imprimere un graffio, di incidere il proprio volere, a rappresentare il motivo di ogni azione artistica».

I suoi “graffi”, nel tempo, sono cambiati: dai veri e propri graffiti è passato alla tecnica dello stencil per poi, recentissimamente, inventare i messaggi su mattonella. Come spiega questa evoluzione?
«Ciò che mi muove è il bisogno impellente di comunicare, comunicarmi, chiacchierare. Il graffitismo è una tecnica difficile da comprendere, può parlare a chi è dentro il movimento ma difficilmente dice qualcosa ad un osservatore esterno. Lo stencil invece, nella sua estrema semplicità, è molto più diretto, comprensibile a tutti. I miei primi stencil erano immagini, poi, piano piano ho iniziato ad aggiungere parole, riflessioni, citazioni. L'ultima evoluzione è stata infine quella di lasciare solo le parole, saccheggiando dal mio repertorio di letture, autori, suggestioni preferite. Così sono nate le mattonelle».

Le mattonelle sono, nemmeno a dirlo, piastrelle quadrate dipinte in colori fluo che Gas attacca sui muri della città e che riportano citazioni famose e riflessioni: film, libri, canzoni: «Non c'è un ordine, sono cose che mi piacciono e che voglio condividere con la città». Le prime, circa una trentina, sono state attaccate in vari punti della città ma, nel momento in cui scriviamo, ne sono rimaste poche… «Molti le staccano - dice Gas -. Ma per me non è un problema, anzi. Mi piacerebbe sapere se vengono regalate, riattaccate, e dove. Da poco ho aperto un profilo facebook e tramite quello in molti mi hanno informato sulle sorti delle opere, o semplicemente ringraziato. E' bello poterle seguire, sapere che c'è chi le apprezza e dà loro nuove funzioni, nuovi spazi. Non è forse questo il senso più puro dell'arte?».

Agnese Spinelli