E' con grande piacere che oggi pubblico la mia intervista a Frode, noto writer milanese conosciuto prevalentemente per la realizzazione di progetti di carattere pittorico e figurativo. Quello che emergerà dal nostro dialogo risulta essere innovativo per questo sito e nuovo all'interno della serie di interviste da me realizzate, perchè abbiamo affrontato il Writing sia dal punto di vista storico e teorico, che anche da quello inerente a tutti gli aspetti legislativi legati alla disciplina.
E' la prima volta infatti che Frode rilascia un'intervista di questo tipo, nella quale abbiamo parlato in maniera approfondita del rapporto biunivoco esistente tra la sua produzione come writer e il suo lavoro come avvocato, aspetti che in precedenza aveva sempre trattato separatamente.
Giada: Il
più delle volte vieni conosciuto o come Frode o come Avvocato, e sono pochi
quelli che sanno, in realtà, che sei la stessa persona. Spesso, infatti,
rilasci interviste separate dove si parla o di materia legislativa o di
Writing, mentre in questo caso abbiamo deciso di impostare il nostro dialogo
parlando di entrambi gli aspetti che caratterizzano la tua vita, riconducibili essenzialmente
a un binomio unico. Com’è stata l’evoluzione della tua pratica pittorica negli
ultimi anni e come la concili in relazione a quella professionale?
Frode: La
mia strada parte come writer dal 1993, ed in questo tempo ho potuto evolvere
uno stile che oggi ormai è facilmente connotabile. Ho cercato di tenere le due strade distinte fino a che ci sono
riuscito…Fin dall’ingresso nel mondo della giustizia, mi sono ritrovato a dover
celare la mia identità “artistica”. Questo è avvenuto per forza di cose:
provenivo da circa dodici – tredici anni di writing sempre su strada ed in
prima linea, un mondo molto diverso da quello giudiziario….entrambi mondi con
delle regole e molto competitivi, ma molto diversi.
Mimesis project 2006 |
Il linguaggio della strada, più sincero, ha poco in
comune con quello specifico dei tribunali, le regole non scritte sono molto
diverse da quelle frutto di leggi, e i costumi immutati da secoli sono distanti
da quelli recenti ed in forte evoluzione del mondo dei Graffiti.
Presto però il grigiore delle aule di giustizia e
delle carceri, le giornate in mezzo ai casi umani, scandite da atti,
interrogatori, corse incredibili dietro la burocrazia, hanno cominciato ad
imprigionare la mia creatività. Cominciavo progressivamente a capire che quello
che vivevo non poteva restare soltanto dentro, dovevo trasformarlo in un
messaggio, dovevo portarlo nei miei disegni e sfondare quel velo invisibile che
distingue l’uomo ingessato dall’uomo rispettoso degli altri uomini ma non
disposto troppo al compromesso.
Frode, Arte e Cemento, 2007 |
Sebbene da un lato fossi consapevole di fare un passo
nel vuoto sacrificando tempo della professione forense a favore della street
art, dall’altro non riuscivo a dire di no a tutte le collaborazioni che via via
mi si presentavano. Il tentativo ha portato a risultati sempre migliori e fino
ad oggi riesco a spingere entrambe le cose sui binari giusti, specie da quando
ho iniziato a difendere diversi writers nei processi a loro carico. Unendo le
due esperienze ho aggiunto qualcosa in entrambi i casi, di modo che oggi nel
mondo forense sono il principale avvocato dei writers e in quello dei graffiti,
per ora, sono l’unico writer-avvocato.
C’è da dire che non sempre è facile conciliare le due
cose, a volte non è facile ritrovarsi avvocato in una strada o writer nel mezzo
di una arringa e spesso mi ritrovo a fare acrobazie per essere pronto nelle
aule ed ugualmente spinto nell’esecuzione dei lavori di Frode.
Frode, Four Season, 2012 |
G: Molto
spesso nei tuoi lavori si riscontra un uso pittorico e realistico dello spray,
privilegiando nella maggior parte dei casi soggetti figurativi e anche
iconografie già radicate nella tradizione della storia dell’arte italiana,
andando a denotare delle volte anche dei frame effettivamente narrativi. Come
vedi lo sviluppo di soggetti figurativi nel mondo del Writing e qual è il tuo
approccio nella realizzazione?
F: Sono
partito come ogni writer dallo studio dalla lettera, che ho seguito con
costanza per circa dieci anni, poi però il mondo del writing “classico” ha
cominciato a pesarmi, troppi schemi rigidi e regole, troppi aspetti di
chiusura. Ho cominciato a notare che troppi artisti si dedicavano alla sola
evoluzione dello stile e poco al contenuto, mentre io non volevo appartenere
alla schiera di quelli che con il loro lavoro vogliono dire:”Guarda quanto sono
figo!”.
Frode, throw up, 2002 |
Quindi ho cominciato ad evolvere naturalmente le
lettere in linee di città, sperimentando direttamente in strada e quasi sempre
senza bozzetti preparatori. La mia esigenza principale è quella di comunicare
le mie idee sulla società e di offrire spunti di riflessione su temi
importanti, sulla natura dell’uomo, la storia politica del mio tempo. Ho
cominciato progressivamente ad aprirmi a collaborazioni col mondo del design e
della moda, come con Kartell, Karim Rashid o ancora con Armani. Ho potuto così dipingere in posti dove c’è
stata la guerra, come nella hall of fame di Mode 2 a Parigi, oppure a Liverpool
Street a Londra, o ancora nella città di Banksy insieme ad alcuni tra i più
celebri Street Artist al mondo. Tutto questo lo faccio sempre divertendomi ed
ogni volta è una soddisfazione inattesa.
Rita Levi Montalcini, Upfest Festival, Bristol, 2013 |
Il soggetto figurativo permette d’instaurare un dialogo
immediato con lo spettatore, tutt’oggi cerco il dialogo nella mia espressione,
come nella scelta dei luoghi in cui inserisco i miei messaggi, in una strada od
a fianco di un passante, ma sempre frutto di una precisa scelta.
Penso che nel mondo del writing, si è assistito al
progressivo miglioramento degli strumenti creativi a disposizione, ma anche ad
un costante innalzamento del livello stilistico delle creazioni; tutto ciò ha
favorito la crescita d’importanza dei figurativi e di quelli che in passato erano soltanto
sfondi, ossia elementi che da semplici coreografie si sono trasformate in
soggetto principale.
G: Molte
delle tue recenti opere murali sono dei tributi a personaggi contemporanei
importanti, come nel caso di Nelson Mandela, del murale con Falcone e
Borsellino, o quello dedicato alle donne partigiane che si trova nel quartiere
Barona, dove sei nato. In questo modo si può riscontrare una traslazione dal
mondo del muralismo urbano a quello invece dei monumenti effettivi, realizzati
grazie ad un approccio pittorico. Come mai da parte tua vi è l’esigenza di
creare dei progetti inclini al ricordo e come nascono?
Qual è stato il contributo del quartiere Barona nel
tuo approccio al mondo dei graffiti e come lo ha influenzato?
F: Ho
dipinto Mandela, oppure Rita Levi Montalcini, o Einstein, o Falcone e
Borsellino, sempre associandone l’immagine ad un messaggio, esplicito o meno,
anche nel solo tentativo di comunicare con la sola intensità dello sguardo e
delle linee veloci che mi caratterizzano. Intendo infatti innescare nello
spettatore la voglia di conoscere il pensiero e approfondire la storia di
personaggi che sono un patrimonio pubblico, visto che oggi molte poche persone
leggono, si nutrono di immagini e quindi lo spunto può provenire anche da un
semplice graffito.
Frode, Mandela City |
Tutti attraversiamo momenti in cui ci sentiamo privi
di riferimenti, la mancanza di modelli per affrontare con chiarezza il mondo
che ci circonda resta un dato di comune esperienza e l’esempio di un grande
uomo o di una grande donna è come una stella polare per trovare o riprendere la
strada.
Capita che arrivino mail di sconosciuti che mi ringraziano
per il graffito di Falcone e Borsellino (del 2010), nello specifico nato con
l’intento di comunicare che la giustizia è un valore che perdiamo di vista e su
cui tutti dovremmo focalizzare i nostri sforzi. Proprio il tema delle priorità
della Giustizia spesso viene mistificato, come ad esempio nel tentativo di
mettere al centro dell’attenzione i reati “bagatellari”, come l’imbrattamento
dell’art.639C.p, sorvolando invece sulla necessità di combattere in ogni modo il
fenomeno della corruzione e quello della mafia, piaghe da sempre dell’Italia.
Frode, Falcone e Borsellno, 2010 |
Parlando della Barona, che di certo è stata e rimane
per molti una specie di culla creativa, ha di fatto influenzato in modo
permanente il mio stile. Non a caso sono nato proprio in questa zona. Oggi
credo non avrei potuto trovare altrove in Italia negli anni Novanta altra zona
in grado di concentrare alcune tra le più importanti crew in Italia, come i
THP, MNP, 16K e numerose hall of fame, metropolitane, tetti e contaminazioni
tra ambienti diversi. Ad un passo dal centro di Milano, in Barona si annidano molti
cantanti hip hop di fama, numerosi studi di moda e di design, numerosi writer e
street artist. E proprio in Barona è nato il primo esempio di Milano ed Italiano
di murata-monumento storico, quando nel 2013 ho progettato e realizzato, insieme
con Manuinvisible, Tawa, Ivan e gli N1, Piazzale Donne Partigiane.
Frode, Piazzale Donne Partigiane |
Intervista di Giada Pellicari
La seconda parte dell'intervista a Frode uscirà la settimana prossima.
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