La prima intervista del Kantiere è molto poco ortodossa, in perfetta linea con lo spirito dei Misti.
Prima intervista per il Kantiere e prima volta da intervistatrice per me, magari anche questo gioca a favore di un certo piglio inusuale. Avevo già parlato con Spazio di questo mio intento, spiegandogli che mi sembrava interessante indagare con le parole gli intenti del Kantiere, conoscere di più i kantieranti e tenere curato il giardino della nostra associazione. Avevo mandato una bozza con alcune delle domande che avrei voluto fare e forse Spazio aveva già in mente gli argomenti, tant’è che dopo una timida iniziale domandina, il suo discorso è fluito articolato e completo su tutti gli altri temi. Qua e là qualche mio intervento, per capire meglio più che per passare a un'altra domanda.
Come hai iniziato a disegnare?
Ho sempre avuto la passione, già da piccolo, non solo per il disegno, ma anche per i Lego. Le costruzioni le facevo senza istruzioni, inventavo sempre cose diverse da quelle indicate sulle confezioni. Mi piacevano molto anche i pastelli a cera, perché quando li maneggi ti sporchi anche tu di colore!
Ho scoperto ed apprezzato lo spray per la sua immediatezza, sebbene sia poco malleabile. Con lo spray lavori nell’aria, non tocchi la superficie direttamente. Questa è una magia che mi ha catturato.
Ho iniziato negli anni ’90. Il 90-91 è l’inizio della seconda generazione di writers in Italia. La prima era dell’85-86 a Venezia, Milano, Padova, Bologna,Napoli..... Si seguiva l’onda americana, vedevamo BEAT STREET, leggevamo i libricini di Skate. Tantissimi writers venivano dal mondo degli skaters. In quel periodo TDK era la crew più forte per i legali, la distinzione legale-illegale aveva ancora una sostanza, ora si tende molto a generalizzare. Negli anni ’90 si usavano moltissimo i termini americani, i graffiti erano NY style, non c’era un vero movimento originale nella penisola. In Italia oggi alcuni artisti si distinguono per originalità ma rimangono però delle eccezioni. Secondo mè non esiste ancora un movimento artistico strutturato e importante, ci sono forse troppi personalismi e protagonismi, un grande brodo primordiale in cui si agitano tante singole pregevoli eccezioni e nel quale attualmente qualcosa sta muovendosi. Forse a breve vedremo una nuova evoluzione assisteremo ad una presa di coscienza, il maturare di una consapevolezza artistica adulta. Oramai qui, nella nostra zona, la discussione fra legale e illegale è morta, i writers di quegli anni sono cresciuti, sono inseriti in circuiti di livelli più alti. Di writers giovani, attivi, interessanti, non ce n’è e la Old School oramai fa altro. Nelle grandi città come Milano, Napoli... magari il movimento è sopravvissuto e si rinnova, ma sono realtà lontane da qui.
Nei dintorni esistono, certo, delle manifestazioni di writing molto importanti: Gemona, Mestre, Bassano del Grappa (dove si svolge addirittura un evento internazionale: INFART, international street art graffiti performance). In queste manifestazioni, grazie a un mezzo di comunicazione potente come internet, capita che riesci facilmente ad avere artisti stranieri, a volte non sono nomi molto importanti o noti anche perchè oramai molti di quelli realizzano solo per le gallerie. Le opere di questi writers oramai hanno a che fare con il mondo dell’arte e le esposizioni internazionali.
Alcuni di questi eventi sono network importanti, molto ricchi e interessanti ma che lasciano poco sul territorio dove vengono realizzati. Certo, espongono writers molto famosi, ma non si comunica effettivamente con le persone che vengono a vedere, non si pensa a far provare a usare uno spray su una parete o ad adibire un workshop. Rimane un evento fine a se stesso dedicato ad appassionati e addetti ai lavori. Per me invece il valore che si lascia sul territorio è fondamentale ed è per questo che ho voluto far nascere l’associazione. “
Ti interessa quindi che l’esperienza del writing sia praticata nei posti dove si ha occasione di vederne le opere?
“Sì, GLOCAL è lo spirito che anima kantieremisto: creare un flusso fra i movimenti internazionali e il locale. Quello che sogno è vedere crescere quest’associazione, magari fra 10 anni, aprire altre sedi in Italia. Non vorrei però che diventasse come gia successo un’organizzazione, dove entra la politica. Il nostro gene è l’arte e l’arte ti permette di pensare oltre la politica. Immagino l’apertura di altri Kantieri in tutta Italia, non per la vendita di oggetti, ma dove si COLLABORA per creare OGGETTI CULTURALI.”
Come vedi il panorama qui, nella provincia?
“A Treviso la situazione è stagnante. Portare un’esposizione di quadri a una sagra è già un evento: la cultura è considerata snob, la cultura ti fa snob, diverso. Contro questa tendenza vorrei creare un dialogo che promuova l’arte sul territorio, non solo a livelli alti.
Qui, quando provi a organizzare qualcosa, se non sei “nel giro” dei soliti noti, stai sicuro che non avrai nulla di più che una pacca sulle spalle.
Si tratta anche di una lotta affinché ognuno possa dire la sua e agire senza business e invidia, senza il desiderio di gareggiare.
Secondo me, quando hai un’idea devi essere un po’ visionario. Per esempio: non dovrebbe essere necessario fare la scelta tra commerciale e no, perché anche il mercato può essere gestito in maniera intelligente. A me, per esempio,i piacerebbe avere un’agenzia pubblicitaria, ma non lavorerei con il solo scopo del profitto economico. Ci sono dei prodotti che continuano a funzionare, perché avevano una promozione dell’immagine sana (come la Vespa e la 500) e che ha garantito il loro successo nel tempo. Ho in mente la pubblicità di una marca di infissi, trevigiana, e di come usa in modo volgare il sesso, al contrario del modo ammiccante ma non volgare delle pubblicità della Vespa.”
Con questi progetti personali e le prospettive di “disseminazione del kantiere” in tutta Italia (e oltre, chissà) si conclude l’intervista a Spazio. Forse anche perché ha avuto pietà di me e della mia pessima organizzazione: da brava principiante non ero nemmeno fornita di un registratore, ma avevo con me blocchetto e penna… molto old school!
Chi sarà il prossimo? ;-)
Come hai iniziato a disegnare?
Ho sempre avuto la passione, già da piccolo, non solo per il disegno, ma anche per i Lego. Le costruzioni le facevo senza istruzioni, inventavo sempre cose diverse da quelle indicate sulle confezioni. Mi piacevano molto anche i pastelli a cera, perché quando li maneggi ti sporchi anche tu di colore!
Ho scoperto ed apprezzato lo spray per la sua immediatezza, sebbene sia poco malleabile. Con lo spray lavori nell’aria, non tocchi la superficie direttamente. Questa è una magia che mi ha catturato.
Ho iniziato negli anni ’90. Il 90-91 è l’inizio della seconda generazione di writers in Italia. La prima era dell’85-86 a Venezia, Milano, Padova, Bologna,Napoli..... Si seguiva l’onda americana, vedevamo BEAT STREET, leggevamo i libricini di Skate. Tantissimi writers venivano dal mondo degli skaters. In quel periodo TDK era la crew più forte per i legali, la distinzione legale-illegale aveva ancora una sostanza, ora si tende molto a generalizzare. Negli anni ’90 si usavano moltissimo i termini americani, i graffiti erano NY style, non c’era un vero movimento originale nella penisola. In Italia oggi alcuni artisti si distinguono per originalità ma rimangono però delle eccezioni. Secondo mè non esiste ancora un movimento artistico strutturato e importante, ci sono forse troppi personalismi e protagonismi, un grande brodo primordiale in cui si agitano tante singole pregevoli eccezioni e nel quale attualmente qualcosa sta muovendosi. Forse a breve vedremo una nuova evoluzione assisteremo ad una presa di coscienza, il maturare di una consapevolezza artistica adulta. Oramai qui, nella nostra zona, la discussione fra legale e illegale è morta, i writers di quegli anni sono cresciuti, sono inseriti in circuiti di livelli più alti. Di writers giovani, attivi, interessanti, non ce n’è e la Old School oramai fa altro. Nelle grandi città come Milano, Napoli... magari il movimento è sopravvissuto e si rinnova, ma sono realtà lontane da qui.
Nei dintorni esistono, certo, delle manifestazioni di writing molto importanti: Gemona, Mestre, Bassano del Grappa (dove si svolge addirittura un evento internazionale: INFART, international street art graffiti performance). In queste manifestazioni, grazie a un mezzo di comunicazione potente come internet, capita che riesci facilmente ad avere artisti stranieri, a volte non sono nomi molto importanti o noti anche perchè oramai molti di quelli realizzano solo per le gallerie. Le opere di questi writers oramai hanno a che fare con il mondo dell’arte e le esposizioni internazionali.
Alcuni di questi eventi sono network importanti, molto ricchi e interessanti ma che lasciano poco sul territorio dove vengono realizzati. Certo, espongono writers molto famosi, ma non si comunica effettivamente con le persone che vengono a vedere, non si pensa a far provare a usare uno spray su una parete o ad adibire un workshop. Rimane un evento fine a se stesso dedicato ad appassionati e addetti ai lavori. Per me invece il valore che si lascia sul territorio è fondamentale ed è per questo che ho voluto far nascere l’associazione. “
Ti interessa quindi che l’esperienza del writing sia praticata nei posti dove si ha occasione di vederne le opere?
“Sì, GLOCAL è lo spirito che anima kantieremisto: creare un flusso fra i movimenti internazionali e il locale. Quello che sogno è vedere crescere quest’associazione, magari fra 10 anni, aprire altre sedi in Italia. Non vorrei però che diventasse come gia successo un’organizzazione, dove entra la politica. Il nostro gene è l’arte e l’arte ti permette di pensare oltre la politica. Immagino l’apertura di altri Kantieri in tutta Italia, non per la vendita di oggetti, ma dove si COLLABORA per creare OGGETTI CULTURALI.”
Come vedi il panorama qui, nella provincia?
“A Treviso la situazione è stagnante. Portare un’esposizione di quadri a una sagra è già un evento: la cultura è considerata snob, la cultura ti fa snob, diverso. Contro questa tendenza vorrei creare un dialogo che promuova l’arte sul territorio, non solo a livelli alti.
Qui, quando provi a organizzare qualcosa, se non sei “nel giro” dei soliti noti, stai sicuro che non avrai nulla di più che una pacca sulle spalle.
Si tratta anche di una lotta affinché ognuno possa dire la sua e agire senza business e invidia, senza il desiderio di gareggiare.
Secondo me, quando hai un’idea devi essere un po’ visionario. Per esempio: non dovrebbe essere necessario fare la scelta tra commerciale e no, perché anche il mercato può essere gestito in maniera intelligente. A me, per esempio,i piacerebbe avere un’agenzia pubblicitaria, ma non lavorerei con il solo scopo del profitto economico. Ci sono dei prodotti che continuano a funzionare, perché avevano una promozione dell’immagine sana (come la Vespa e la 500) e che ha garantito il loro successo nel tempo. Ho in mente la pubblicità di una marca di infissi, trevigiana, e di come usa in modo volgare il sesso, al contrario del modo ammiccante ma non volgare delle pubblicità della Vespa.”
Con questi progetti personali e le prospettive di “disseminazione del kantiere” in tutta Italia (e oltre, chissà) si conclude l’intervista a Spazio. Forse anche perché ha avuto pietà di me e della mia pessima organizzazione: da brava principiante non ero nemmeno fornita di un registratore, ma avevo con me blocchetto e penna… molto old school!
Chi sarà il prossimo? ;-)
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