LE ‘TAG’, ovvero le firme scarabocchiate sui muri per marcare il territorio e tantomeno le scritte, a volte volgari, non contribuiscono a migliorare l’aspetto del centro. Ma il fenomeno è così diffuso che ormai si percepisce frassegnazione fra commercianti e cittadini. Quinto Coveri, dietro al banco di un negozio di articoli per la casa in via Torricelli, è rassegnato: «Se non ci fossero quegli scarabocchi sarebbe meglio — dice — ma è un fenomeno difficile da contrastare. Ormai la gente ci ha fatto il callo».
Anche Maria Luisa Garavini, che gestisce una rivendita di arredi da ufficio, non vede come si possa risolvere il problema: «Oltre ai muri di questa via, i writer hanno ‘decorato’ una parete esterna di casa mia e il portone del garage — racconta. — Non ho neanche pensato a ritinteggiare: è completamente inutile, perché il giorno dopo tornerebbero a imbrattare tutto». Tra i commercianti c’è però chi vede qualche possibilità di intervenire, quantomeno dal punto di vista educativo. «Questi atti di vandalismo — dice Enrico Liverani, fotografo di via Naviglio — andrebbero prevenuti, perché è anche da questi elementi si vede il decoro di una città: bisogna trovare il modo di far capire agli autori dei graffiti che non c’è nessuna arte, nessuna creatività nello scarabocchiare una firma su un muro. Per chi invece vuole esprimersi con l’arte muraria, ci sono spazi appositi, e se ne potrebbero creare altri».
DALL’ALTRA parte della strada, Marco Mengozzi, titolare del bar delle Poste. è della stessa idea: «Uno scarabocchio su un muro non è certo un bel vedere: in questa via di segni del genere se ne vedono parecchi, e un po’ più di decoro non guasterebbe. Detto questo, sono per la libertà di espressione: se tra i writer ci sono veri artisti, è giusto che abbiano spazi per esprimersi con le loro bombolette, ma nella legalità». Un cliente del bar gli dà ragione: «Mi intendo di arte, e devo dire che ogni tanto, sui muri, si vedono lavori notevoli — sottolinea. — Invece che sprecare questo talento, perché non incanalarlo?».
Secondo Giorgio Balducci, che vende strumenti e apparecchiature per l’enologia, «in periferia il danno è minore. Anzi — aggiunge — un bel graffito può anche rendere migliore un quartiere un po’ grigio. Ma i palazzi antichi vanno lasciati stare».
fonte: Il Resto del Carlino
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