domenica 22 aprile 2012

Cile: street art, attivismo e politica

TRADOTTO DA ELENA INTRA

Il loro primo contributo artistico è stato un portone a Ovejería, un quartiere di Osorno. Era il 2009. Prima ci sono stati plastici, collage e alcune animazioni, ma è in quel momento che Mañuco e Lis hanno dato vita al Grupo Respeto: due artisti che spaziano liberamente tra la street art e le fanzine.
"Abbiamo scelto questo nome perché per noi il rispetto è fondamentale per mantenere buoni rapporti. Se tutti lo mettessimo in atto non ci sarebbero sessismo, razzismo o alcun tipo di discriminazione nata dal potere ", spiega il duo basato a Osorno, città della Regione di Los Lagos in Cile.

La loro attività nasce dall'unione di due impronte molto diverse che si completano e potenziano a vicenda, come risulta chiaramente dalla serie “Retratos Híbrido".

"In queste opere, ognuno di noi ha contribuito a una parte del disegno e poi abbiamo creato le cornici con pezzi di carta, cartoncini, pennarelli, tutto ciò che avevamo a portata di mano. Stesso procedimento per le scatole, abbiamo preso scatole di scarpe per dare volume ai nostri disegni. Ci dispiace sempre un pò lasciar per strada le nostre creazioni, spesso ce ne stiamo seduti a guardare cosa fa la gente quando osserva quello che abbiamo creato", aggiungono.

"Quello che facciamo è basato sul rispetto, accettare le nostre differenze: di genere, stile, tema e gusto: accettarci per come siamo. Si basa sulle nostre esperienze, su dove siamo in quel momento e cosa accade intorno a noi ", spiegano.


Come si sviluppa qui l'arte dei graffiti?

Il livello dei graffiti a Osorno è ottimo, considerando che la pioggia rallenta la pittura e crea problemi nell'incollare manifesti. Di arte urbana non ne abbiamo vista molta, mentre di graffiti parecchi. Si sta disegnando molto a Osorno, ci sono stati incontri e le strade sono piene di graffiti.

Cosa ricordate delle prime volte che avete disegnato per strada?

Una volta con la giacca di Mañuco (che voleva disfarsene) abbiamo fatto un "CueroLibertario", con dei cartoncini gli abbiamo fatto i denti, artigli e le orecchie e lo abbiamo messo sul toro che si trova nella Plaza de Osorno.

Quando Mañuco ha capito di poter fare maschere in cartapesta, ha iniziato e ne fatte tantissime. Così abbiamo iniziato a metterle per strada e io creavo il loro corpo o qualcosa del genere. E' nata così la serie "EstamosPeroNosFuimos" che si riferisce al vuoto e all'assenza, di tutti coloro che sono lontani da noi, non necessariamente perché sono morti, ma perché c'è una forza esterna che li tiene separati.

Che cos'è per voi l"arte di strada"?

Prima di tutto non riteniamo di avere il diritto o le conoscenze adatte per dare una definizione, però la vediamo come qualcosa di super libero, un fenomeno non da piccolo gruppo, anzi una sorta di movimento. Si tratta di manifestazioni che coinvolgono migliaia di persone, con una varietà di tecniche, stili e temi diversi.

Una volta dissi a un insegnante che volevo fare la bandiera del Cile tutta graffiata e dipinta e lui mi rispose che era immorale, che l'arte deve rappresentare le cose in modo poetico e poi aggiunse: "Quello lascialo per la strada", e così mi sono reso conto che in strada c'è spazio per tutti, non serveono titoli accademici nè saper dipingere o avere abilità nel disegno. Come un vecchietto qui a Osorno, che scrive sui manifesti che vengono incollati per strada. Scrive testi illeggibili, ma anche questa è arte urbana.

Qualcuno una volta ha detto di non volere un mondo in cui la garanzia di non morire di fame comporta il rischio di morire di noia. Cosa vi evoca questa idea?

Questa frase mi ricorda il concetto di lavoro salariato. Dover passare otto ore seduto allo stesso posto, a fare cose che non ti fanno sentire nulla, meccanicamente, dover sopportare che qualcuno ti riempia di scartoffie e subire tutto perchè si ha bisogno di soldi per pagare l'università, per aiutare i genitori o per mantenere i figli.

Non ci importa vivere di quello che facciamo per strada. Trovare un modo per rendere più redditizia questa passione spesso la rende più noiosa e porta tanti a smettere di farlo. Questo è uno spazio che ci ritagliamo per essere felici.

Riguardando la vostra galleria su Flickr ho trovato un riferimento alle manifestazioni dello scorso anno. Pensate che chi fa "arte" abbia un ruolo distinto da altri nella mobilitazione sociale?

L'arte incarna ruoli diversi, così come il fotografo, il giornalista e i leader dei centri studenteschi. Il ruolo di chi fa arte, in questo caso "arte urbana", è fornire testimonianze visive da un punto di vista privato e soggettivo di quello che stiamo vivendo, di quanto sta accadendo in Cile oggi. Si tratta di una linguaggio diverso per esprimere la rabbia che sentiamo. Tuttavia, riteniamo che il ruolo più importante all'interno del movimento sociale è quello di coloro che scendono in piazza in segno di protesta e lottano in maniera diretta e frontale.

Cosa pensate della separazione tra arte (o estetica) e la politica?

Un lavoro o una tavolozza di colori non possono cambiare la politica o la sfera sociale. Ciò non elimina però la responsabilità dell'artista di dire qualcosa, anche se occorre essere consapevoli che non si può cambiare il mondo solo così. Non si può pretendere di fare politica, o fare la differenza con un'opera. A parer nostro se si vuole fare politica, occorre prima di tutto scendere per le strade.


fonte: La Stampa