lunedì 6 gennaio 2014

Intervista a Marte (Nuclear1) - di Giada Pellicari



Ho avuto il piacere di intervistare Marte, writer di Milano e co-fondatore della Nuclear1, una crew attiva dal 1996. Nel corso dell'intervista abbiamo affrontato diversi argomenti tra cui cosa significhi fare Writing in una città come questa, la storia della crew, il rapporto con internet e, inoltre, abbiamo parlato della prossima edizione del Meeting Of Styles. 
Oggi, infatti, vi diamo la prima notizia ufficiale sull'argomento perchè riveliamo in questa sede che la prossima edizione del MOS Italiano si terrà a Milano dal 25 al 27 Aprile e sarà organizzata proprio dalla Nuclear1. 
Esce anche in concomitanza con questa intervista il primo video di un piece di Marte, che gentilmente ci ha dato l'esclusiva.

Buona lettura.




Giada: Sei un writer di Milano che ha cominciato a dipingere molto giovane. In questa città esistono parecchie crew e alcune tra l’altro sono da considerarsi storiche a livello italiano come i TDK e i CKC. Cosa significa fare Writing a Milano e confrontarsi con certe tipologie stilistiche?

Marte: Negli anni Novanta Milano ha fatto la sua parte di storia e, oltre alle crew che hai nominato tu, mi piacerebbe aggiungere la 16K e i VDS. Penso che tutti loro abbiano lasciato il segno negli anni Novanta e non solo, mentre quello che stiamo cercando di fare noi è essere a passo con i tempi di adesso. Fare Writing a Milano credo sia come farlo in ogni grande città, c’è tanta gente che fa graffiti qui, con diverse idee, diversi stili, diverse età e diversi “perché”, la cosa che a volte sfugge è che siamo tutti guerrieri della stessa battaglia. Il confronto è una cosa giusta, ogni uomo deve confrontarsi con se stesso e con gli altri, che sia nella tua città o in qualsiasi altro posto. Parlano i fatti, a nessuno importa niente delle scuse, se hai la gamba o il braccio rotto, se hai la febbre o se nevica o se eri ubriaco o quanto tempo c’hai messo, quello che conta è il risultato, quello che hai prodotto, che si parli di graffiti o di qualsiasi altra cosa.


Milano 2014


Milano 2013

Milano 2013

G: Hai co-fondato la Nuclear1 nel 1996, una crew che negli anni ha avuto diverse fasi e nuovi membri. Vuoi raccontarci un po’ la storia e la formazione attuale?

M: Sì, eravamo due ragazzini giovanissimi alle medie e negli anni successivi abbiamo aggiunto altri membri. Verso il 2002 c’è stato un lungo blackout e ci siamo fermati, abbiamo fatto ognuno il suo percorso di vita, ricominciando poi nel 2010. Mi taglierei un dito per essermi fermato, ma non si può modificare il passato, possiamo solo impegnarci per cambiare il nostro futuro ed è quello che cerchiamo di fare giorno dopo giorno. Da quando abbiamo ripreso sono entrati altri membri; la metà erano dentro da prima e la metà sono entrate negli ultimi tre anni. Ad oggi siamo io, Woit, Poms, Prosa, Yems, Coze, Sound, Jin, Mate, Marioky, Easy, Onek e Fosk.
Il gruppo è formato da persone con background differenti, stili diversi sia nelle lettere sia nei characters, la parte divertente sta proprio nel mettere tutto insieme, trovare il giusto mix e ci stiamo lavorando.


Marte, Prosa, Mate

G: Tra gli ultimi pezzi che avete fatto vorrei che parlassimo di Welcome to My Hood, un lavoro che trovo molto interessante perché incarna in sé le caratteristiche del Blockbuster e del piece insieme. Come è stato concepito? Quali altri muri vostri si possono ascrivere alla stessa tipologia?

M: Avevamo questo muro in un punto piuttosto visibile del quartiere madre della crew: Rozzano. L’idea era di fare qualcosa che lasciasse un messaggio a chiunque passasse, ovvero che quello è il nostro territorio. Ho parlato con Poms perchè di solito studiamo io e lui le murate e una volta buttata giù una bozza, l’abbiamo proposta agli altri, è piaciuta e l’abbiamo dipinta. Ognuno ha fatto una parte che servisse per il collettivo e non per se stesso, questa è un po’ la filosofia della N1.
Abbiamo fatto roba street con blocchi e puppets di mezzo o di lato e diverse murate a tema, alcune con una composizione più studiata, altre più per divertimento puro. Più che altro ci piace fare roba veloce, dalle tre alle cinque ore, è raro che facciamo muri da due giorni. Quindi direi che nel suo genere quella murata è un pezzo unico per adesso, mi piacerebbe farne altri così, ma solo uno ogni tanto.


Nuclear1 Crew, Milano, 2013


Nuclear1 Crew, Milano, 2013

G: Nel tuo stile si vede un chiaro trascorso di wildstyle e di stile di matrice newyorkese, ma recentemente invece hai sentito l’esigenza di trovare delle dimensioni alle lettere e di riflettere sulla prospettiva e il movimento. Spesso chi si occupa di wildstyle ha una certa reticenza verso il 3D, come vedi invece un dialogo di queste due tipologie stilistiche? Vuoi raccontarci lo sviluppo del tuo stile e quali sono i writer che hai considerato importanti per la tua formazione?

M: Il mio stile nasce sicuramente dalla scuola milanese, che viene da quella newyorkese. Quella roba ai tempi mi piaceva un sacco, quindi, dato che nessuno mi ha mai spiegato cos’è un wildstyle, ho provato a farlo da solo. Quello che ho capito è che ogni stile è soggettivo, e ognuno di noi lo deve trovare in se stesso, ed è questo che differenzia l’uno dall’altro: la logica. Chi cerca la stessa logica degli altri, alla fine copia. Quello che vedevo nei miei pezzi è esattamente qualcosa di incompleto, lo vedo ancora, ma un po’ di meno. Non voglio fare roba vista e rivista, voglio provare a fare qualcosa di mio, di nuovo, in freestyle, come mi sento, a periodi più tondeggiante, a periodi più squadrata, oppure un giorno una e il giorno dopo l’altra. Qualcosa che quando torno a casa mi renda felice di come ho passato la giornata o la notte. Spesso non è così e quindi cerco sempre di migliorare, di mettermi in gioco, di superare i miei limiti. Sto solo cercando di dare forma e dimensione alle lettere o a pezzi di lettera, mantenendo il flow del mio vecchio wildstyle. 



Milano 2013

Una delle cose più belle per un writer è quando a distanza di 100 metri, senza riuscire neanche a leggere, le persone riconoscano un pezzo fatto da te, semplicemente dalla forma e dal flow.
Personalmente a me piacciono molte persone con stili e tecniche anche molto diverse dalle mie, se parlo di storia le mie crews preferite sono la TATS, FX e Wallnuts, di adesso MSK e TMD, con alcuni membri di queste crews ho avuto la fortuna di aver dipinto, e in alcuni casi ti rendi conto proprio che chiuderti nella tua città è limitativo e stupido, perché la fuori le cose girano in un altro modo.


Ice Age, Milano, 2014

G: La vostra crew tende a rendere visibile e aggiornare continuamente la propria produzione inserendo le immagini online sia sulla pagina Facebook che anche su di un canale YouTube, dove sono visibili sia pezzi singoli che murate. Questa ormai è una pratica consueta di molti writers che portano il Writing ad una effettiva estensione nello spazio online. Come vedi questo rapporto? Che tipo di fruizione si va ad innescare con il pezzo in bacheca?
M: Internet è il mondo, significa confrontarsi con il mono intero. Ogni volta che pubblichi qualcosa, la vede sicuramente molta più gente che dal vivo! Credo che al giorno d’oggi sia determinante pubblicare foto e video in rete, con i video abbiamo iniziato da poco, il primo mio da solo esce proprio in concomitanza con questa intervista, è un mondo che non conosco ancora bene. Ma i graffiti nascono per strada e la parte più importante rimane sempre la strada, la città, la yard, le trasferte, credo sia impensabile per il Writing, come per qualsiasi altro elemento dell’hip hop crearsi solamente in rete, rimarresti sempre un prodotto che va contro alla purezza della nostra cultura.






G: Hai partecipato a diversi Meeting of Styles, ma direi che fondamentale è stato quando Yours, l’ideatore, ti ha invitato a partecipare al tour negli States e in Messico. Com’è andata quell’esperienza e quali sono stati gli incontri salienti che hai fatto?

M: Da quando ho riniziato a dipingere ho viaggiato più che ho potuto, quando il lavoro mi ha permesso di farlo. Non sono benestante e non vengo da una famiglia ricca, quello che ho imparato nel quartiere dove sono nato e cresciuto è che quando vuoi una cosa te la devi prendere. Avevo incontrato Yours in due o tre occasioni e successivamente mi ha invitato in questo tour. 


Meeting of Styles, Houston, 2013

Abbiamo fatto diverse jam in varie città, credo una dozzina in totale tra Stati Uniti e Messico ed è stata un’esperienza incredibile, perché ho avuto la possibilità di dipingere in posti fantastici, come Chicago, Houston, Las Vegas, LA, Città del Messico... e di andare in posti dove non avrei dato due lire che invece poi si sono dimostrati essere strafichi, come San Antonio o Guadalajara. Incredibile è quello che i graffiti rappresentano in certi posti, ho conosciuto centinaia di writers (con cui mi sono amichevolmente confrontato, tornando alla domanda 1), sono tornato un writer e un uomo migliore. Un film iniziava con una citazione di un giocatore di baseball: “E’ incredibile quante cose non so del gioco che ho fatto per tutta la vita”. Beh io provo lo stesso con i graffiti.


Meeting of Styles,  Città del Messico, 2013


Meeting of Styles, Guadalajara, Messico, 2013

G: Sarai l’organizzatore del prossimo Meeting of Styles italiano insieme alla tua crew, una richiesta che ti è stata fatta proprio da Yours. Mi piace ricordare che il MOS in Italia è stato portato dagli EAD nel 2005 a Padova, dove si è tenuto per tre edizioni, mentre successivamente è stato organizzato da Urban Code a Mestre per quattro edizioni. Si può quindi considerare che ormai ci sia quasi una storia del MOS in Italia, che è divenuto un appuntamento fondamentale anche per determinare un’esemplificazione del Writing italiano.  Cosa significa portare in una città come Milano un evento di questo tipo? Qualche anticipazione?

M: Quando Yours mi ha chiesto di portare il MOS a Milano ero felice, anche perché i precedenti che hanno fatto edizioni in Italia sono persone che ammiro e rispetto. Sono felice anche del fatto che, non avendo mai partecipato in Italia, perché in quegli anni non dipingevo, ho la possibilità di portare un evento nella mia città, dove non ce ne sono molti ultimamente. Io e la mia crew cercheremo di fare un buon lavoro organizzativo, che tengo a ricordare, non è una sfida a chi ce l’ha più lungo, ma un modo per stare insieme e portare avanti la cultura.


Germania 2013



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